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Crisi dei missili di Cuba |
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Mercoledì 10 Aprile 2013 22:59 | |||||||||||||||||||||||||||||||||
La crisi dei missili di Cuba fu un confronto tra USA e URSS conseguente al tentativo di invasione di Cuba, nell'aprile del 1961 e al relativo spiegamento difensivo nell'Isola di Cuba di missili nucleari sovietici. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò tredici giorni, in seguito alla loro scoperta il 14 ottobre, da parte di un aereo americano U2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano.
Preludio
![]() Basi militari sovietiche a Cuba
Strategia sovietica
Nel 1959 il governo sovietico si rese conto che un'eventuale futura guerra sarebbe stata condotta con armi nucleari cosicché nello stesso anno furono costituite le "Forze Missilistiche Strategiche"; poco tempo dopo, in risposta al programma di riarmo di Kennedy, il governo sovietico divenne sempre più militarista e decise di installare alcune armi nucleari a Cuba, uno stato caraibico al largo della costa della Florida che a seguito della rivoluzione guidata da Fidel Castro aveva recentemente instaurato un governo comunista sull'isola. Il governo di Cuba, dal canto suo, cercò il supporto dell'Unione Sovietica dopo il collasso delle relazioni con gli Stati Uniti conseguente all'esproprio delle proprietà americane a Cuba e al successivo tentativo di invasione dell'isola da parte di esuli cubani e mercenari appoggiati dalla CIA, conosciuto come l'invasione della Baia dei Porci. La strategia sovietica teneva conto di due aspetti: il primo era di difendere questo nuovo stato comunista dagli USA o da un'invasione appoggiata da questi; il secondo invece mirava a riequilibrare la bilancia del potere nucleare, che pendeva dalla parte degli Stati Uniti.
Basi missilistiche americane in Italia e Turchia
Oltre ai siti missilistici Jupiter in Italia, gli USA avevano di recente iniziato a schierare missili in Turchia, che minacciavano direttamente le regioni occidentali dell'Unione Sovietica. La tecnologia sovietica era ben sviluppata nel campo dei missili balistici a medio raggio (MRBM), in confronto a quelli intercontinentali ICBM. I sovietici ritenevano che non sarebbero riusciti a raggiungere la parità negli ICBM prima del 1970, ma videro che un certo tipo di uguaglianza poteva essere raggiunta rapidamente, posizionando dei missili a Cuba. Gli MRBM sovietici a Cuba, con un raggio d'azione di circa 1.600 chilometri, potevano minacciare Washington e circa metà delle basi SAC statunitensi, con un tempo di volo inferiore ai venti minuti. In aggiunta, il sistema di difesa radar statunitense era orientato verso l'URSS, e avrebbe fornito scarso preavviso in caso di un lancio da Cuba.
Nikita Chruščëv aveva concepito il piano nel maggio 1962, e per la fine di luglio, oltre sessanta navi sovietiche erano in rotta verso Cuba, con alcune di esse che trasportavano materiale militare. John McCone, il direttore della CIA, avvertì Kennedy che alcune delle navi stavano probabilmente trasportando missili, ma una riunione tra John e Robert Kennedy, Dean Rusk e Robert McNamara, decise che i sovietici non avrebbero tentato un'impresa simile.
I voli degli U-2
![]() Novembre 1962: veduta aerea del sito missilistico di Cuba
Un U-2 in volo a fine agosto fotografò una nuova serie di postazioni SAM che venivano costruite, ma il 4 settembre Kennedy disse al Congresso che non c'erano missili "offensivi" a Cuba. Nella notte dell'8 settembre, la prima consegna di MRBM SS-4 Sandal venne scaricata a L'Avana e un secondo carico arrivò il 16 settembre. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per gli SS-4 e tre per gli SS-5 Skean a più lungo raggio (fino a 3.500 chilometri). L'arsenale pianificato era di quaranta rampe di lancio, con un incremento del 70% della capacità offensiva sovietica durante il primo colpo.
Un numero di problemi non legati alla vicenda fece sì che i missili non venissero scoperti fino al volo di un U-2 del 14 ottobre, che mostrava chiaramente la costruzione di una postazione per degli SS-4 vicino a San Cristóbal. Per il 19 ottobre, i voli degli U-2 (ora praticamente continui) mostrarono che quattro postazioni erano operative. Inizialmente, il governo statunitense tenne l'informazione segreta, rivelandola solo ai quattordici ufficiali chiave del comitato esecutivo. Il Regno Unito non venne informato fino alla sera del 21 ottobre. Il Presidente Kennedy, in un appello televisivo del 22 ottobre, annunciò la scoperta delle installazioni e proclamò che ogni attacco di missili nucleari proveniente da Cuba sarebbe stato considerato come un attacco portato dall'Unione Sovietica e avrebbe ricevuto una risposta conseguente. Kennedy ordinò anche una quarantena navale su Cuba, per prevenire ulteriori consegne sovietiche di materiale militare.
Il termine quarantena fu preferito a quello di blocco navale in quanto quest'ultimo, secondo le consuetudini del diritto internazionale sarebbe potuto essere considerato come un atto di guerra e avrebbe comportato un'immediata risposta militare sovietica. Per tutta la durata della crisi, i responsabili dello Stato maggiore americano insistettero perché il riluttante presidente ordinasse un'immediata azione militare per eliminare le rampe missilistiche prima che queste diventassero operative.
A Cuba, durante i giorni della crisi, si trovavano 140 testate nucleari di provenienza sovietica, delle quali 90 erano "tattiche". Robert McNamara, Segretario della Difesa durante il Governo Kennedy, dichiarò di avere appreso la notizia direttamente da Fidel Castro, anni dopo, e di come Castro avesse chiesto a Chruščëv di usare queste testate per attaccare gli Stati Uniti [1].
La risposta statunitense
![]() Il presidente Kennedy autorizza la quarantena navale su Cuba
Il generale Curtis LeMay, (Capo di stato maggiore dell'aviazione degli Stati Uniti) disse:
Il bombardamento immediato venne subito scartato, così come un appello alle Nazioni Unite, che avrebbe portato via molto tempo. La scelta venne ridotta a un blocco navale e un ultimatum, o a una invasione su vasta scala. Venne scelto infine il blocco, anche se ci fu un numero di falchi (soprattutto Paul Nitze, Douglas Dillon e Maxwell Taylor) che continuarono a spingere per un'azione più dura. L'invasione venne pianificata, e le truppe vennero radunate in Florida (anche se con 40.000 soldati sovietici a Cuba, completi di armi nucleari tattiche, la forza di invasione non era certa del suo successo).
Ci furono diverse questioni legate al blocco navale. C'era il problema della legalità - come fece notare Fidel Castro, non c'era niente di illegale circa le installazioni dei missili; erano sicuramente una minaccia agli USA, ma missili simili, puntati verso l'URSS, erano posizionati in Gran Bretagna, Italia e Turchia. Quindi c'era la reazione sovietica al blocco - avrebbe potuto far esplodere il conflitto a seguito di una escalation delle rappresaglie.
Kennedy parlò al popolo statunitense (e al governo sovietico), in un discorso televisivo del 22 ottobre. Egli confermò la presenza dei missili a Cuba e annunciò che era stata imposta una quarantena di 800 miglia attorno alla costa cubana, avvertendo che i militari "erano preparati per ogni eventualità", e condannando la "segretezza e l'inganno" sovietici.
Quando Kennedy pubblicizzò apertamente la crisi, il mondo intero entrò in uno stato di terrore. La gente iniziò a parlare e preoccuparsi apertamente di un'apocalisse nucleare, ed esercitazioni per una tale emergenza si tennero quasi quotidianamente in molte città.
Il caso venne definitivamente provato il 25 ottobre, in una sessione d'emergenza dell'ONU, durante la quale l'ambasciatore statunitense Adlai Stevenson II mostrò fotografie delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, subito dopo che l'ambasciatore sovietico Zorin ne aveva negato l'esistenza.
Chruščëv inviò delle lettere a Kennedy il 23 e 24 ottobre, sostenendo la natura deterrente dei missili a Cuba e le intenzioni pacifiche dell'Unione Sovietica; comunque, i sovietici avrebbero subito dopo fatto pervenire due differenti proposte al governo americano. Il 26 ottobre offrirono di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli USA non avrebbero invaso Cuba, né appoggiato un'invasione. La seconda proposta venne trasmessa da una radio pubblica il 27 ottobre, chiedendo il ritiro dei missili statunitensi dalla Turchia in aggiunta alla richiesta del giorno prima.
Llewellyn E. "Tommy" Thompson Jr., ex ambasciatore a Mosca, conosceva bene Khrushchev, riuscì a convincere Kennedy a patteggiare il ritiro dei missili russi da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere mai più Cuba come avevano tentato con lo Sbarco nella Baia dei porci.
La crisi raggiunse l'apice il 27 ottobre, quando un Lockheed U-2 statunitense - per iniziativa di un ufficiale locale - venne abbattuto su Cuba e un altro che volava sulla Russia venne quasi intercettato. Il generale Thomas S. Power, a capo del Comando Aereo Strategico USA (SAC), mise le sue unità in stato di allerta DEFCON 2 preparandole per un'immediata azione senza consultare la Casa Bianca.
Allo stesso tempo, i mercantili sovietici si stavano avvicinando alla zona di quarantena; in un caso, si apprese quarant'anni dopo, su un sottomarino sovietico della loro scorta militare si valutò la possibilità di lanciare un missile con testata nucleare[2].
Kennedy rispose accettando pubblicamente la prima delle offerte sovietiche e inviando il fratello Robert all'ambasciata sovietica, per accettare la seconda in privato: il piccolo numero di missili Jupiter in Turchia sarebbe stato rimosso. Le navi sovietiche tornarono indietro e il 28 ottobre Chruščëv annunciò di aver ordinato la rimozione dei missili sovietici da Cuba.
Soddisfatto dalla rimozione dei missili sovietici, il Presidente Kennedy ordinò la fine della quarantena su Cuba il 20 novembre.
Conseguenze
La crisi per i sovietici fu una vittoria tattica, ma una sconfitta strategica. Vennero visti indietreggiare e il tentativo di ottenere la parità strategica fallì, per la rabbia dei comandanti militari sovietici. La caduta dal potere di Chruščëv, pochi anni più tardi, può essere parzialmente collegata all'imbarazzo del Politburo, dovuto sia al passo indietro compiuto da Chruščëv davanti agli americani, sia anche alla sua decisione di installare i missili a Cuba in primo luogo.
Anche i comandanti militari statunitensi non furono contenti del risultato. Curtis LeMay disse al Presidente che fu "la più grande sconfitta della nostra storia" e che avrebbero dovuto invadere quello stesso giorno. Alcuni dei sostenitori della tesi secondo cui il presidente Kennedy, assassinato a Dallas nel novembre dell'anno successivo, fu vittima di un complotto sostengono, pur in assenza di prove in tal senso, che il contrasto con i vertici militari emerso in occasione della crisi dei missili e proseguito in occasione della gestione della guerra del Vietnam da poco iniziata, ne fu una delle cause, e che in un certo senso l'assassinio di Kennedy fu un colpo di stato mascherato [3].
Decenni dopo si apprese che Cuba aveva missili nucleari tattici disponibili [4], anche se il generale Anatolii Gribkov, parte dello staff sovietico responsabile dell'operazione, dichiarò che al locale comandante sovietico, generale Issa Pliyev, era proibito usarli anche se gli USA avessero messo in piedi una invasione su larga scala di Cuba [5].
Film e musica
Gli eventi della crisi vennero drammatizzati nel film Thirteen Days (2000), diretto da Roger Donaldson, con Kevin Costner, Bruce Greenwood, Steven Culp e Matinée di Joe Dante. Nel film X-Men - L'inizio i mutanti protagonisti si mettono al servizio degli Stati Uniti per sventare la crisi.
Una canzone di Bob Dylan intitolata Cuban Missile Crisis racconta le reazioni a quelle giornate di terrore. La canzone venne registrata per Broadside nel marzo 1963.
Note
Bibliografia
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Ultimo aggiornamento Venerdì 22 Novembre 2013 17:33 |
Supplemento Enciclopedico del MONITORE NAPOLETANO
Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011