LIBERTÀ |
EGUAGLIANZA |
MONITORE NAPOLETANO |
Fondato nel 1799 da Carlo Lauberg ed Eleonora de Fonseca Pimentel Anno CCXXVI |
Rifondato nel 2010 |
L'Italia del domani |
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Scritto da Tommaso Manzillo |
Giovedì 09 Febbraio 2012 13:04 |
Assistiamo ad un attacco continuo contro i giovani, sul posto fisso, magari vicino casa di mamma e papà, quando tanti altri giovani, invece, sono stati costretti ad allontanarsi da casa per studiare e lavorare. Gli annunci spot e gratuiti dei membri del Governo manifestano una cruda realtà, il sogno del posto fisso che dà noia, soprattutto perché non fornisce quello stimolo ad una profonda crescita culturale ed intellettuale, provocando una vita lavorativa piuttosto piatta e fossilizzante. Ma l’Italia non è l’America!
Cambiare si può. Uscire da un posto di lavoro perché si è trovati un altro migliore, e poi un altro ancora: questo è stimolante, se solo i nostri padri avessero impostato una politica economica basata sulle generazioni future, contro gli sprechi delle amministrazioni pubbliche e a vantaggio del lavoro premiante, per la libera concorrenza e per il mercato, se solo avessero potuto creare uno Stato veramente moderno. La legge sulle liberalizzazioni va in questa direzione, ma è solo un timido passo di un Governo chiamato liberale, ma intimidito dalle tante lobby potere. Purtroppo la realtà è diversa da come la vorrebbe qualcuno, perché usciti fuori dal mondo del lavoro non si entra così facilmente, soprattutto per chi ha oltre 45 anni di età, la vita lavorativa è out! Allora, non sono solo i giovani a dover cambiare modo di pensare e di vedere il lavoro, perché sono proprio loro a sbandierare la cultura della meritocrazia, della legalità, del valore aggiunto. Ma qualcuno è ancora cieco e sordo.
Un politica che crei e premi il lavoro piuttosto che le rendite, questo si aspettano i giovani, una lotta serrata contro l’evasione fiscale per poter abbassare il livello generale della tassazione. La Tobin tax per tutti i Paesi diventa carburante per il motore della crescita economica, se accompagnata dalla riduzione del livello delle tasse per il lavoro, le imprese e di conseguenza anche per le famiglie, che creano consumi. Tassare le rendite finanziarie in maniera uguale per tutti i Paesi dell’area Euro, vuol dire spostare il baricentro delle proprie politiche dal mondo delle rendite e dei capitali verso quei Paesi che premiamo le iniziative produttive, perché più lavoro vuol dire maggiore massa di imponibile e maggiori entrate per lo Stato. Lo ribadiva sempre un grande meridionalista come G. Fortunato dagli scranni parlamentari all’indomani dell’Unità italiana, quando lanciava seri allarmi contro una politica di bilancio piuttosto facile nelle spese inutili, perdendo di vista il bene comune degli italiani.
Le riforme del mercato del lavoro vanno introdotte con molta gradualità, accompagnate da un cambio della mentalità per tutti noi, allontanandoci da una cultura ancora medievale per divenire veramente un Paese del III Millennio. Mobilità deve divenire sinonimo anche di sicurezza lavorativa, sicurezza di trovare lavoro, per poter ottenere un mutuo per l’acquisto della propria casa, per crearsi una famiglia e soprattutto per vivere con maggiore dignità. Ritornare ai valori fondanti della società civile, la famiglia, il lavoro, la comunità. Non si sottraggono i giovani al sacrificio, ma vogliono la certezza del domani. |