La Guerra del Kippur |
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Lunedì 19 Novembre 2012 15:24 | ||||||||||||||||
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« Per le successive 20 ore la "Zvika Force", come fu nota nelle comunicazioni radio, combatté ferocemente contro i carri siriani; a volte da sola, a volte come parte di un'unità più grande, cambiando sei o sette mezzi corazzati, ogni volta che erano messi fuori combattimento. Rimase ferito e ustionato, ma restò in azione e più volte comparve nei momenti critici, da un'inaspettata direzione, appena in tempo per cambiare il corso di uno scontro. » |
Dopo quattro giorni di combattimenti, la VII Brigata israeliana (al comando di Yanush Ben Gal) dislocata a nord del fronte, riuscì a mantenere la rocciosa linea collinare che difendeva da nord il loro quartier generale di Nafekh. A sud, invece, la Brigata Barak («Fulmine»), allo scoperto per la mancanza di alcuna difesa naturale, cominciò a subire pesanti perdite. Il suo comandate, il colonnello Shoham, fu ucciso durante i primi giorni di combattimento, mentre i siriani spingevano disperatamente per raggiungere il Mar di Galilea.
L'avanzata israeliana
La marea nel Golan cominciò a rifluire quando le riserve israeliane arrivarono sul campo e furono capaci di contenere e respingere, a partire dall'8 ottobre, l'offensiva siriana. La regione delle alture era, del resto, troppo ristretta per fungere da cuscinetto territoriale (come era stato previsto per il Sinai, cui era stata tolta la priorità difensiva), ma dette prova di essere un luogo strategicamente importantissimo vista la difendibilità e la cruciale conformazione geografica, che impedì fattivamente il bombardamento delle città israeliane sottostanti. Mercoledì 10 ottobre 1973 l'ultima unità siriana del settore centrale era stata respinta oltre la linea porpora (il confine prebellico).
A questo punto si poneva il dilemma – ovvero se rallentare il combattimento e concludere il conflitto al confine, o spingere sul territorio siriano. L'Alto Comando israeliano passò l'intera giornata del 10 ottobre a discuterne, fino a notte inoltrata. Alcuni favorivano il disimpegno, che avrebbe permesso ai soldati di essere riportati sul Sinai (la tremenda sconfitta di Shmuel Gonen a Hizayon sul Sinai era accaduta solo due giorni prima). Altri favorivano un attacco in Siria, verso Damasco, che avrebbe messo fuori combattimento la Siria oltre naturalmente a ristabilire l'immagine israeliana di potenza militare dominante nella regione, magari con qualche vantaggio dopo la fine del conflitto. Altri opposero che in Siria vi erano poderose difese – trincee anticarro, campi minati, fortificazioni – e che era comunque meglio combattere da posizioni difensive e sopraelevate, piuttosto che sull'altopiano siriano. Comunque, il Primo Ministro Golda Meir capì il più nodoso degli argomenti esposti:
« Avremmo bisogno di quattro giorni per spostare una divisione sul Sinai. Se la guerra finisse in questo periodo di tempo, finirebbe con una perdita territoriale nel Sinai e nessun guadagno nel nord, cioè una sconfitta senza quartiere. È dunque una questione politica e la decisione è assoluta – attraversare la linea rossa... L'attacco sarà lanciato domani, giovedì 11 ottobre.» |
Dall'11 al 14 ottobre, le forze israeliane si spinsero in territorio siriano, conquistando un'ulteriore area di quasi cinquanta km² nel Bashan, dalla quale furono capaci di colpire i sobborghi di Damasco, lontana solo 40 chilometri, usando l'artiglieria pesante campale.
Mentre la posizione araba sui campi di battaglia decadeva su tutti i fronti, fu fatta pressione su Re Husayn perché inviasse un contingente in azione. Egli trovò un modo per soddisfare queste esigenze senza aprire il suo regno a un attacco aereo israeliano: invece di attaccare Israele attraverso il confine che divideva con esso, mandò una forza di spedizione in Siria. Fece sapere a Israele le proprie intenzioni attraverso intermediari statunitensi, nella speranza che Israele accettasse che non si trattava di un casus belli per giustificare un attacco in Giordania... Dayan si guardò bene dall'offrire alcuna rassicurazione di questo tipo, ma sapeva bene che Israele non aveva intenzione di aprire un terzo fronte[32]. Anche l'Iraq mandò una forza di spedizione sul Golan, formata da 30.000 uomini, 500 carri e 700 APC (trasporto truppe)[7].

I contrattacchi combinati delle truppe siriane, giordane e irachene prevennero qualunque ulteriore conquista israeliana. Eppure, non furono in grado di respingere gli israeliani oltre il saliente di Bashan.
Il 22 ottobre, la Brigata Golani e alcuni commando della Sayeret Matkal (o Unità 767 ) - reparto delegato all'acquisizione di informazioni (intelligence gathering) e alle operazioni speciali - ricatturarono gli avamposti sull'Hermon, dopo che alcuni cecchini siriani, posizionati strategicamente sul monte, ebbero causato pesanti perdite agli israeliani: 55 morti e 79 feriti che si andavano ad aggiungere ai 25 morti e 67 feriti dell'assalto di due settimane prima. Un bulldozer corazzato israeliano D9 irruppe aprendo una breccia nella linea che consentì alla fanteria israeliana di avanzare fino alla cima, che così rimase israeliana al momento del cessate-il-fuoco e conseguentemente anche dopo la guerra. Una brigata di paracadutisti prese infine la linea di avamposti siriani lungo l'altra parte del fronte.
Sul mare


La battaglia di Latakia, un rivoluzionario scontro navale tra israeliani e siriani, ebbe luogo il 7 ottobre, il secondo giorno di guerra, e portò a una sorprendente vittoria israeliana che dette prova della straordinaria potenza delle sue piccole e veloci navi lanciamissili equipaggiate con efficaci contromisure elettroniche (ECM, electronic countermeasures). Questa fu la prima battaglia al mondo tra imbarcazioni armate di missili antinave. La battaglia provò che la marina israeliana, sempre considerata come la «pecora nera» dell'IDF, era una forza formidabile ed efficacemente all'avanguardia. In seguito a questo e ad altri piccoli scontri, le marine egiziana e siriana ritirarono il loro naviglio militare nei porti sul Mar Mediterraneo, permettendo alle rotte marine che si affacciavano sul bacino di rimanere aperte e fornendo una sicura via di rifornimento: tutto quello che, essendo relativamente meno urgente, non richiedeva una spedizione attraverso il ponte aereo di Nickel Grass (vale a dire la gran parte degli equipaggiamenti e del vettovagliamento a sostegno della popolazione) arrivò in Israele via mare su navi mercantili americane.
Comunque, la marina israeliana fu meno in grado di rompere il blocco navale sul Mar Rosso che impediva alle navi israeliane e degli alleati di Israele di transitare, e che quindi interrompeva le forniture di petrolio che passavano dal porto di Eilat. Israele non aveva un numero sufficiente di lanciamissili sul Mar Rosso per spezzare l'isolamento: un errore sul quale i vertici militari israeliani avrebbero avuto modo di ripensare negli anni a venire.
Durante il resto del conflitto, i commando di forze speciali (la Shayetet 13) attaccarono diverse volte i porti egiziani sul Mediterraneo, con lo scopo di distruggere quelle imbarcazioni che avrebbero potuto trasportare gruppi di uomini scelti nemici dietro le linee israeliane. L'effetto generale di queste azioni sull'andamento del conflitto fu relativamente scarso.
Interventi di altri Stati arabi
Oltre a Egitto, Giordania, Siria e Iraq, molte altre nazioni arabe furono coinvolte nella guerra, sia a livello di appoggio militare che finanziario – per quanto l'intero flusso dei fondi destinati alle nazioni coinvolte non sia mai stato delineato.
Arabia Saudita e Kuwait fornirono aiuto finanziario e inviarono una piccola quantità di truppe per testimoniare la propria presenza in battaglia. Il Marocco inviò tre brigate e si registrarono in combattimento anche unità provenienti dalla Cisgiordania occupata e dalla Giordania[34]. Il Pakistan inviò 16 piloti.
Dal 1971 al 1973, Muˁammar al-Qadhdhāfī fece pervenire dalla Libia alcuni caccia Dassault Mirage III e diede all'Egitto circa 1 milione di dollari per sovvenzionare le spese militari. L'Algeria inviò alcuni squadroni di caccia e bombardieri, brigate corazzate e decine di carri armati. La Tunisia inviò più di 1.000 soldati, che lavorarono con gli egiziani sul delta del Nilo, e il Sudan inviò un contingente di 3.500 uomini.
La radio nazionale ugandese riportò che Idi Amin Dada aveva inviato forze ugandesi a combattere contro Israele. Cuba inviò un contingente di 1.500 soldati, compresi carri armati e piloti per elicotteri da combattimento. Questi ultimi, secondo i registri, furono effettivamente coinvolti in combattimento contro l'IDF.
Armamenti
Le armi utilizzate sui due fronti riflettevano la realtà della guerra fredda: gli arabi usavano per lo più armi sovietiche, gli israeliani armi occidentali.
Tipo | Eserciti arabi | IDF |
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Carri armati | T54/T55, T-62, T-34 e PT-76 | M4 Sherman, M48 Patton, M60 Patton, Centurion, AMX-13, più un numero di T54/T55 e PT-76 di preda bellica. |
Aerei | MiG-21, MiG-19, MiG-17, Sukhoi Su-7B, Tupolev Tu-16, Ilyushin Il-28, Ilyushin Il-18, Ilyushin Il-14, Antonov An-12 | Douglas A-4 Skyhawk, McDonnell Douglas F-4 Phantom II, Dassault Mirage III, Dassault MD 454 Mystère IV, IAI Nesher, SNCASO SO-4050 Vautour |
Elicotteri | Mil Mi-6, Mil Mi-8 | Aérospatiale Super Frelon, Sikorsky CH-53 Sea Stallion, Sikorsky S-58/H-34 Choctaw, AB-205, MD500 Defender |
Le immediate conseguenze del cessate-il-fuoco
La 3a Armata egiziana in trappola


Le Nazioni Unite imposero un cessate il fuoco, largamente negoziato tra Stati Uniti e Unione Sovietica, il 22 ottobre, per il quale si invocava la fine delle ostilità tra Israele ed Egitto (ma tecnicamente non tra Siria e Israele), e che entrò in vigore 12 ore dopo, alle 18,52 ora israeliana.Poiché divenne effettivo dopo il tramonto, fu impossibile per i satelliti determinare l'esatta posizione della linea del fronte quando fu dichiarata la fine degli scontri.
Quando iniziò il cessate il fuoco, le forze israeliane erano a poche centinaia di metri dal loro obiettivo – l'ultima strada che collegava Il Cairo e Suez. Nottetempo, gli egiziani ruppero la tregua in un certo numero di punti, distruggendo nove carri armati israeliani; in risposta, David Elazar chiese l'autorizzazione per proseguire a sud, e la ottenne da parte del Capo di Stato Maggiore, Moshe Dayan. Le truppe israeliane finirono quello che avevano iniziato: conquistarono la strada, tagliarono l'ultima via di rifornimento e intrappolarono la Terza Armata egiziana a ovest del Canale di Suez.
La mattina seguente, 23 ottobre, ci fu un turbinìo di attività diplomatiche. Aerei ricognitori sovietici confermarono che le forze israeliane stavano dirigendosi a sud, e da Mosca arrivarono a Gerusalemme accuse di tradimento. In una telefonata con Golda Meir, Henry Kissinger chiese, «come può mai sapere qualcuno dove sia o fosse una linea in pieno deserto?» Meir rispose, «Lo sapranno, eccome». Kissinger venne a sapere dell'accerchiamento della Terza Armata egiziana poco dopo.
Kissinger capì che la situazione presentava agli Stati Uniti un'opportunità più unica che rara: l'Egitto dipendeva completamente dagli USA per quel che riguardava la salvezza dell'Armata intrappolata, poiché Israele avrebbe seguito le direttive statunitensi, e perché per gli egiziani la situazione era disperata, viste le migliaia di soldati nel deserto senza cibo e senz'acqua. Una rapida valutazione portava gli Stati Uniti a proporsi nel delicato ruolo di forte mediatore, con l'opportunità di spingere l'Egitto fuori dall'influenza sovietica.
« [Kissinger] aveva spinto Israele durante la guerra a colpire forte – anche più forte di quanto fosse prima capace – per dimostrare al mondo la propria superiorità militare. Eppure, quando gli israeliani cominciarono a sbaragliare gli egiziani, elaborò un affrettato cessate il fuoco che avrebbe lasciato agli egiziani intatta la propria dignità. Israele, in breve, ne sarebbe uscita quasi vittoriosa, ma lontana dal trionfo » |
(Abraham Rabinovich. The Yom Kippur War: The Epic Encounter that Transformed the Middle East) |
Come risultato, gli USA esercitarono una formidabile pressione su Israele per impedire loro di distruggere l'Armata accerchiata, anche minacciando il proprio sostegno a una risoluzione ONU che forzasse gli israeliani a ritornare alla linea del fronte del 22 ottobre se non avessero permesso ai rifornimenti umanitari di raggiungere i soldati. In una telefonata all'ambasciatore israeliano Simcha Dinitz, Kissinger disse che la distruzione della Terza Armata egiziana era «un'opzione che non esiste».
La fase calante dei governi laburisti
La destra del Likud nella condotta della guerra vide una formidabile arma propagandistica per attaccare i laburisti, al potere da trent'anni; come effetto a lungo termine, vi si è ricollegata la vittoria elettorale di Begin nel 1977.