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Storia dei Servizi Segreti Italiani |
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Giovedì 24 Ottobre 2013 14:07 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La storia dei servizi segreti italiani descrive l'evoluzione dei servizi segreti italiani, dalla nascita dello stato unitario ad oggi.
Gli apparati di intelligence italiani hanno dato più volte adito a gravi scandali ed a sospetti di dubbia fedeltà verso gli interessi nazionali, tanto che è diventato un luogo comune giornalistico parlare di "servizi deviati".
Indice
Origini e prima guerra mondiale
Nel 1863[2] si ha notizia dell'istituzione di un organo di intelligence (per usare una terminologia moderna) presso lo Stato Maggiore dell'Esercito.[3] Lo dirigeva Edoardo Driquet, un ufficiale di origine ungherese la cui carriera sarà stroncata dagli insuccessi di Custoza e Lissa.
Vi sono prove documentali dell'opera di un servizio informazioni militare anche tra quella data ed il 1870, in particolare in danno dello Stato Pontificio. Nel 1872 l'organizzazione della "sezione informazioni del Primo Riparto" dello Stato Maggiore è sottoposta già ad una prima riforma. Nel 1884 nasce il servizio informazioni della Regia Marina.[4]
Di Ufficio I propriamente si parlerà a partire dal 1897, anche se inizialmente si trattò di un organismo assai modesto sotto ogni profilo; comincerà ad assumere una discreta importanza con la Guerra italo-turca, sviluppandosi viepiù nella fase immediatamente antecedente la Prima guerra mondiale. Lo stesso Cesare Battisti verrà incorporato nel Servizio Informazioni nel 1913, a Verona.[5][6]
![]() Cartolina postale del 1916. Fabio Filzi e Cesare Battisti prigionieri in Aldeno[7]
Nel 1912 il colonnello Rosolino Poggi, divenuto comandante della struttura informativa, aveva inutilmente tentato di ottenerne il potenziamento, ma il governo non ritenne di provvedervi che frettolosamente nel 1914, quando era evidente per ogni osservatore l'imminenza di quella che si sarebbe poi chiamata Grande Guerra.[8]
Com'era prevedibile, quest'organismo rigenerato in extremis non diede buona prova di sé, in parte anche per rivalità ed incomprensioni con altri comandi militari. Episodio emblematico di questo disservizio fu l'affondamento del "Leonardo da Vinci", avvenuto nel 1916, verosimilmente per sabotaggio austriaco.
Il bilancio non fu però del tutto negativo;[9] se questi anni videro già la deleteria tendenza ad un'ipertrofica proliferazione dei "servizi", nel 1916 vi furono le prime sperimentazioni di intercettazione telefonica, e durante il primo conflitto mondiale, con la cosiddetta "Legione Sacra", si iniziò il moderno cammino della guerra psicologica, nella forma della propaganda, il tutto (occultamente) sotto il coordinamento e con i fondi del Servizio Informazioni.[10]
Il 1919 viene considerato l'anno di nascita dell'Ufficio affari riservati (AARR, su cui c'intratteremo più diffusamente infra), che verrà soppresso solo nel 1974.[11]
Durante il fascismo
Come ogni regime totalitario, il fascismo fu per sua natura un grande fautore dei servizi di sicurezza. È del 1925 la fondazione del Servizio Informazioni Militare, dell'anno successivo quella dell'OVRA, la polizia segreta del ventennio. Tra i fatti riconducibili ai servizi del tempo, probabilmente va ricordato l'assassinio dei fratelli Rosselli, ed in qualche maniera anche quello dell'onorevole Giacomo Matteotti, almeno a quanto riferisce Amerigo Dumini nella sua autobiografia.[12] L'omicidio dei Rosselli, peraltro, appare parte di una serie di "operazioni speciali" oltre confine (assassinii politici, atti di sabotaggio/terrorismo ecc.) quasi sempre (e stranamente[13]) organizzate dal Centro controspionaggio di Torino, che godeva tra l'altro di mezzi finanziari tali da potergli consentire la gestione a Sanremo di un caffè-concerto (bar Jolanda) e di una casa chiusa. L'esecuzione materiale delle uccisioni in questione sarebbe stata in realtà "subappaltata" ai cagoulards (estremisti di destra francesi, spesso divenuti collaborazionisti degli occupanti tedeschi sotto il governo di Vichy).[14] Nel 1934 vi era stata un'altra operazione analoga: l'assassinio di Alessandro di Iugoslavia, eseguito per ordine di Mussolini da elementi di quegli ustascia che il governo fascista italiano faceva addestrare da istruttori della milizia a Borgotaro.[15][16]
Nel 1937, in concomitanza alla guerra civile spagnola, il colonnello Santo Emanuele del SIM tentò di far saltare in aria la nave spagnola Ciutad de Barcelona nascondendo esplosivo nel carbone utilizzato come carburante.[17]
Anche se, inevitabilmente, buona parte di ciò che riguarda l'OVRA è tuttora avvolto nel mistero, quel che sembra assodato è che quella struttura disponeva di un patrimonio finanziario ed organico di assoluto rilievo per l'epoca. Da fonte attendibile[18] consta che potesse contare su un'ottantina di funzionari, seicento agenti e migliaia di informatori (legati ai primi dal classico rapporto che s'instaura con i case officers.)[19][20] Da un punto di vista di competenza territoriale, il suolo patrio era stato suddiviso dall'OVRA in ispettorati, con il primo che sorse nel Nord Italia nel 1927; seguito da un secondo (1930) che copriva Emilia-Romagna, Toscana e Marche; nel 1933 da un terzo —(detto "Apulia") su Abruzzo, Umbria e Molise— ed un quarto per la Sicilia; nel 1937 il quinto per la Sardegna; nel 1938 il sesto per Calabria e Campania e l'ultimo nel 1940 per il Lazio (esclusa la capitale, che rientrava in una zona autonoma).[21][22]
Per quanto riguarda il SIM, l'evento più rilevante di questi anni è probabilmente l'ascesa al comando del generale Mario Roatta (1934): particolarmente incline ad assecondare per ragioni opportunistiche le esigenze del potere (del momento; egli stesso dichiarò che era indifferente al "colore o forma" del governo che doveva servire), iniziò la tendenza dei servizi a piegarsi interessatamente ai desideri (non sempre "istituzionali") di chi occupava le massime istituzioni.[23] Roatta aveva avuto il suo esordio nella guerra d'Etiopia, quando aveva ordito una serie di piani (che brillavano soprattutto per fantasia) per togliere di mezzo Ras Tafari.[24] Uno dei pochi successi conseguiti in quei frangenti dal SIM fu la cattura dei documenti segreti del patto Hoare-Laval.[25] Quando, nel 1944, Roatta fu messo sotto inchiesta ed arrestato (dapprima per la mancata difesa di Roma e poi per le sue dirette responsabilità nell'omicidio dei Rosselli), si trattò di un evento talmente dirompente da innescare la prima "guerra di dossier" dell'epoca vicina a noi, con documenti scottanti che improvvisamente, e per vie arcane, si materializzavano nella disponibilità dei magistrati inquirenti; di pari passo, venivano propalate ad arte fantasiose indiscrezioni sull'imminente arresto di Pietro Badoglio (che da poco aveva lasciato la Presidenza del Consiglio), evidentemente allo scopo di togliere "legittimità politica" a questi primi tentativi del rinnovato stato italiano di far luce su scabrosi episodi consumatisi poco tempo prima.[26] Questo gran polverone ottenne almeno l'effetto di far intervenire con pesante ingerenza gli ambienti diplomatici anglo-americani nell'intento (coronato da successo) di impedire l'acquisizione processuale di atti o notizie pregiudizievoli per gli interessi "alleati".[27][28] Per la cronaca, il principale imputato (ve ne erano altri 38),[29] cioè appunto Roatta, beneficiò di un'evasione di sospetta facilità, che gli permise di raggiungere la Spagna attraverso il Vaticano, e di godersi un'indisturbata latitanza fino al 1966, anno in cui decise di rimpatriare.[30]
Seconda guerra mondiale
![]() Soldato italiano impegnato in un'operazione di puntamento con strumento ottico durante la seconda guerra mondiale
La seconda guerra mondiale confermò nuovamente la tendenza già esposta alla moltiplicazione degli enti di intelligence, secondo una visione cui non era estraneo lo stesso Benito Mussolini, preoccupato dell'eccessivo potere che si sarebbe concentrato nell'uomo che da solo avesse eventualmente dominato i servizi segreti.[31]
Nel 1940, anche in esito ad una sorta di regolamento di conti tra varie fazioni del SIM, il controspionaggio diveniva una branca del tutto autonoma dei servizi, con la denominazione di "Controspionaggio militare e servizi speciali“ (CSMSS).[32]
Sempre in quell'anno, il SIM strumentalizzava la brutale uccisione di un delinquente comune, Daut Hoxha,[33][34][35][36][37][38][39][40][41] che nella controinformazione fascista, capeggiata da Virginio Gayda,[42] divenne un grande patriota albanese della Ciamuria, contribuendo a costituire il pretesto per la campagna italiana di Grecia.[15][43]
Il dopo armistizio
Governo Badoglio
![]() 1 aprile 1943. Un dispaccio dell'Office of Strategic Services
Quando il governo italiano si ricostituì a Brindisi dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943, fu ricreato, al posto del SIM, un nuovo servizio denominato "Ufficio informazioni e collegamento del reparto operazioni del comando supremo" (tornerà a chiamarsi SIM l'anno successivo, quando il governo Badoglio avrà ripreso possesso di Roma). Secondo la consuetudine ormai affermata, nei servizi vi erano tre sezioni: una analitica-organizzativa (detta "situazione", o Sezione Zuretti),[44] una offensiva (Sezione Calderini),[45] ed una dedita al controspionaggio (Sezione Bonsignore).[46] Quell'Ufficio Informazioni dal giorno 1 ottobre 1943 fu diretto dal colonnello Pompeo Agrifoglio,[47] un singolare personaggio che nel 1947 a Palermo avrebbe fondato quattordici società per azioni, molti anni dopo rivelatesi puramente dei paravento per operazioni in cui erano coinvolti massoni, ambienti vicini all'intelligence atlantica ed esponenti dell'estrema destra.[48] Sussistono pochi dubbi sul fatto che già in quegli anni si manifestasse un'intensa influenza dei servizi segreti USA, in particolare l'Office of Strategic Services (OSS) e la sua epigone, la CIA.[49] Sempre nell'ottobre 1943, in sinergia con un'organizzazione britannica votata alla guerra non convenzionale ("N. 1 Special Force"),[50] il servizio informazioni intraprese missioni finalizzate al coordinamento delle bande di partigiani operanti nelle zone d'Italia dominate dai tedeschi.[51] In tale contesto, trovarono morte eroica due esponenti di quei servizi informativi: il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo ed il suo stretto collaboratore Giorgio Ercolani,[52] entrambi trucidati alle Fosse Ardeatine.[53]
Furono riorganizzati anche il SIS della Marina ed il SIA dell'Aeronautica.[54]
Repubblica Sociale Italiana
Anche la Repubblica Sociale Italiana si dotò ben presto di un proprio servizio "I" (ultimi mesi del 1943). Inizialmente attivo a Roma,[55] esso stabilì poi il proprio quartier generale a Volta Mantovana.[56] La formazione, spiccatamente criptica, difendeva la propria segretezza anche con l'uso del nome in codice di "Ufficio statistiche delle forze armate".[57] In realtà, si trattava del SID, un acronimo di cui sentiremo parlare ancora. Le sezioni operative del SID fascista repubblicano erano: Alfa, per la direzione dei centri periferici, Beta, addetta alla crittografia, Sigma, sezione politica e finalmente Omega, sovrintendente alla censura.[58] Primo capo del SID fu Vittorio Foschini,[56] un giornalista senza particolari qualità,[59] che fino a quel momento aveva avuto al proprio attivo la fondazione (in seno alla MVSN) di un corpo indicato quale "6X", una sorta di risorsa personale di Mussolini.[60][61] Nel 1944, comunque, Foschini fu costretto a farsi da parte, lasciando spazio al colonnello Candeloro De Leo,[62] un ufficiale di notevoli attitudini spionistiche, al quale tuttavia non riuscì di rilanciare i servizi informativi RSI fino al punto di poter operare realmente all'estero: lo scomodo alleato tedesco non aveva infatti accantonato del tutto il proprio rancoroso sospetto nei confronti degli italiani, che verosimilmente riteneva pur sempre dei voltagabbana.[63]
Secondo dopoguerra: il SIFAR
Dal 1946 i nostri servizi lavorarono rigorosamente sotto tutela anglo-americana. La riorganizzazione avvenuta nel 1947 non fu particolarmente brillante, posto che fino al 1948 non è neppure chiaro chi fosse il direttore dell'intelligence italiana. Operativamente, sembra che le strutture informative di quel periodo abbiano soprattutto collaborato con le forze di polizia nella ricerca di soggetti cui erano ascritti crimini di guerra.[64]
Nel 1948, ad ogni modo, il generale di artiglieria Giovanni Carlo Re[65] è designato a guidare l'Ufficio I, che pochi mesi dopo verrà ribattezzato SIFAR. Com'è forse inevitabile per ragioni di contesto storico, si tratta di un'organizzazione pienamente rispondente alle logiche della Guerra Fredda, nata grazie ad una circolare del Ministero degli Interni e non in forza di legge; il quadro normativo di riferimento rimarrà per parecchio tempo ancorato ad un regio decreto del 1927.[66] Nel 1949 vennero pure creati i tre[67] SIOS, presso gli stati maggiori di ciascuna forza armata dell'epoca; la loro sfera d'azione, almeno teoricamente, era limitata all'ambito tecnico-militare della forza di appartenenza.[66]
L'influenza "atlantica"
![]() Una rappresentazione artistica conglobante alcuni simboli della Guerra Fredda
Com'è stato anticipato più volte, è impossibile comprendere la storia del secondo dopoguerra senza considerare il ruolo giocato dalla NATO e dalle alleanze analoghe, vigenti nel "blocco occidentale". Anche se sulla carta si trattava di organizzazioni strettamente difensive, non vi è dubbio che questi "patti" avessero anche una spiccata vocazione al mantenimento dello status quo. La CENTO aveva esplicitamente un Comitato per le attività antisovversive, mentre la NATO non aveva osato spingersi sino a quel punto, attendibilmente per non inasprire le relazioni con le animose minoranze politiche di sinistra che caratterizzavano proprio il nostro paese, oltre alla Francia. È ormai però di pubblico dominio il fatto che gli Stati Uniti erano pronti all'azione armata non solo in caso di invasione dell'Italia per opera di forze del blocco orientale, ma anche nell'ipotesi che il Partito Comunista Italiano avesse vinto le elezioni.[68] La pianificazione risulta abbastanza chiara e dettagliata nella direttiva "National Security Council 1/3" del 1948, adottata significativamente alla vigilia politica delle prime elezioni che avrebbero restaurato il Parlamento dopo l'eclissi imposta dal fascismo. Il documento non usa perifrasi nel prefigurare la reazione statunitense nel caso di vittoria comunista "con mezzi legali", ed "anche a rischio di una guerra civile".[69][70]
Dopo la guerra di Corea, l'attività ufficialmente denominata "ravvivare la determinazione ad opporsi al comunismo" è coordinata da un nuovo organismo ad hoc, denominato "Psychological Strategy Board" (PSB).[71]
![]() 1945, Bethesda, Maryland. Il generale William J. Donovan[72] passa in rassegna gli Operational Groups dell'OSS in partenza per una missione in Cina.
In questa luce s'inquadrano i due piani anticomunisti elaborati, rispettivamente, per la Francia (Cloven) e per l'Italia (Piano Demagnetize), entrambi orchestrati dal PSB.[73] Probabilmente non è un caso che il SIFAR ed il Patto Atlantico siano nati negli stessi giorni di quel 1949. La subordinazione dei nostri servizi a quelli statunitensi del tempo è ormai un fatto acclarato.[74] In particolare, per quanto attiene al monitoraggio delle telecomunicazioni, è stato autorevolmente affermato che il rapporto tra National Security Agency (NSA) ed istituzioni di intelligence dei paesi alleati era "una strada a senso unico", nel senso che solo gli USA si avvantaggiavano in questa sorta di patto leonino.[75] Tutto ciò è peraltro assai compatibile con le informazioni ormai ampiamente disponibili sulla rete di ECHELON.[76] Meno nota nei contenuti, ma ugualmente pressoché certa come fatto storico-materiale, è l'esistenza di "protocolli segreti" annessi al Patto Atlantico, che verosimilmente impongono una specie di servitù agli apparati di sicurezza dei paesi "satelliti" degli Stati Uniti, e segnatamente, per quel che ci riguarda, ai servizi italiani.[77][78]
Roma, il Viminale (sede Ministero dell'Interno)
L'Ufficio Affari Riservati (AARR)
Nella sezione precedente abbiamo tratteggiato la situazione per quanto si riferisce all'informazione militare. Sul piano "civile", il fenomeno più interessante negli anni 1950 è il venire alla ribalta dell'Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'Interno(poi Divisione Affari riservati) che sarà soppresso solo nel 1974[79], con le sue sedi periferiche nelle questure. Due strutture, SIFAR e Affari riservati, che spesso si intralceranno tra loro, se non addirittura contrasteranno. Si tratta di organi civili che spesso diedero nel dopoguerra l'opportunità a ex esponenti di spicco dell'OVRA (come ad esempio Guido Leto,[80] già direttore generale della pubblica sicurezza RSI a Valdagno), di “riciclarsi“ nei nuovi apparati di sicurezza interna.[77] Verso la fine della guerra, Leto era riuscito ad intrattenere rapporti mai ben chiariti con gli anglo-americani ed il CLN,[81] il che gli valse —dopo un breve periodo di traversie giudiziarie[82]— nel 1946 il rientro in Pubblica Sicurezza, con l'altisonante qualifica di "direttore tecnico di tutte le scuole di polizia".[83] Nel 1952, approfittando di amicizie intessute ai tempi di Valdagno, lasciò la pubblica amministrazione, divenendo direttore della Jolly Hotels, impresa lanciata dalla famiglia Marzotto.[82] Un altro riciclato di eccellenza era il dirigente generale di PS Ciro Verdiani,[84] già coordinatore dell'OVRA della zona di Lubiana, e "carceriere" di Mussolini a Campo Imperatore.[85] La figura di Verdiani meriterebbe un approfondimento a parte; rammenteremo assai sommariamente le sue sconcertanti avventure in Sicilia, ove resse per breve tempo l'Ispettorato generale di polizia in Sicilia, nominalmente preposto alla lotta al separatismo dell'EVIS e al banditismo, ma che in pratica diede esiti a dir poco insoddisfacenti, tanto che fu ben presto rimpiazzato dal Comando forze repressione banditismo,[86] dal colonnello dei carabinieri Ugo Luca, proveniente dai servizi segreti militari,[87]. Malgrado l'allontanamento, Verdiani proseguì nei suoi ambigui contatti con esponenti malavitosi quali Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta, protagonisti della strage di Portella della Ginestra, attività che gli procurarono un'incriminazione non sfociata in un processo. Verdiani morì infatti (per sospetto avvelenamento, anche se la diagnosi ufficiale fu "attacco cardiaco") nel 1952, alla vigilia del dibattimento.[88]
Già nel 1948, con l'ascesa al comando della Divisione affari generali e riservati del questore Gesualdo Barletta,[89] anch'egli veterano OVRA,[88][90] si era avviata un'intensa riconversione degli apparati di sicurezza, da cui erano stati allontanati gli ex partigiani, e sostituiti con ex fascisti repubblicani, "collaborazionisti […] elementi già epurati o arrestati" per atrocità di cui si erano macchiati ai tempi di Salò.[91] Naturalmente non era un'iniziativa estemporanea di quel funzionario, ma s'inseriva in un più vasto piano, orchestrato politicamente da personalità quali Giuseppe Romita prima e Mario Scelba in un secondo momento, che sul versante operativo/organizzativo si avvaleva della competenza del generale dei carabinieri[92] Giuseppe Pièche, a sua volta uomo dell'OVRA e del SIM, noto per le sue simpatie franchiste.[91] Piéche, nel 1950, era stato anche uno degli animatori del progetto politico della costituzione di un servizio di "Difesa civile", qualcosa di simile alla Guardia nazionale USA. L'iniziativa era poi naufragata per la fiera resistenza opposta dalle sinistre.[93] L'Ufficio Affari Riservati (AARR) di Barletta era articolato su due sezioni (denominate rispettivamente "Sinistra e stranieri" e "Situazione interna e destra") ed un Casellario Politico Centrale. Alle dipendenze dell'AARR, presso ciascuna questura erano dislocati gli Uffici Vigilanza Stranieri (UVS), che al di là del loro dichiarato compito ufficiale, svolgevano clandestinamente molti compiti di controspionaggio, tra cui la sorveglianza dei partiti di sinistra.[94] Benché nella dozzina d'anni della gestione Barletta non fosse trapelato alcun dettaglio in grado di suscitare scalpore, nel 1998[95] è risultato che nel 1954 quel direttore AARR aveva in animo di mettere fuori legge il PCI. Con una certa dose di sfrontatezza, Barletta espose tale piano direttamente al Segretario di Stato John Foster Dulles, il quale, per il tramite diplomatico, ne rese edotto il Ministro dell'Interno Scelba. Quest'ultimo però respinse con veemenza l'ipotesi, nel timore (ragionevolmente fondato) di scatenare una guerra civile.[96]
Genesi della Gladio
L'Organizzazione Gladio nasce ufficialmente il 28 novembre 1956, anche se diverrà di (relativo) pubblico dominio soltanto una quarantina d'anni più tardi. Sembra, peraltro, che la Gladio avesse avuto qualche antenato una manciata di anni prima, ed in particolare un imprecisato "nucleo Duca".[97] Ad ogni modo, è certo che nel 1951 l'allora direttore del SIFAR, generale Umberto Broccoli,[98] scrisse al Capo di Stato Maggiore della Difesa (Efisio Marras)[99] una nota prefigurante la nascita della struttura di resistenza clandestina che descriviamo.[100] Già a quel tempo, si affermava, erano state avviate organizzazioni stay-behind in Regno Unito, Olanda e Belgio, per non parlare della Francia, che ne manteneva pure al di fuori del suolo nazionale.[101] Contestualmente si osservava che la creazione di Gladio era anche una sorta di reazione ad un'iniziativa del tutto analoga (e completamente priva di riscontro documentale, alla data odierna) che gli americani avevano già arbitrariamente assunto nel Nord Italia tra il 1947 ed il 1950.[102] Appianata questa asserita diatriba con gli USA, nel 1953 venne concretamente fondata la base di Poglina[103] in Sardegna, nei pressi di Alghero. Per tenere più possibile celata la natura dell'operazione, i terreni necessari furono simulatamente comprati da alcuni agenti segreti, che ovviamente se li intestarono al catasto.[104] La struttura addestrativa prese a funzionare tra il 1956 ed il 1958, con la denominazione di Centro Addestramento Guastatori; contemporaneamente, nell'Ufficio R del SIFAR, veniva costituita la sezione SAD.[105][106]
"A regime", l'organico della Gladio contava su 622 operativi, ripartiti in 40 cellule, di cui 6 di spionaggio, 6 di propaganda, 6 di evasione e fuga, 10 di sabotaggio, 12 di guerriglia.[107]
Crisi centrista - reazione dei servizi
Verso il 1958, la crisi del centrismo determinò tensioni politico-sociali che resero plausibile per alcuni ambienti governativi la prospettazione di un tentativo di forzare in senso conservatore il naturale evolversi del quadro istituzionale.
La carica di Ministro dell'Interno in quel tempo era appannaggio di Fernando Tambroni, che aveva raggiunto il grado di centurione nella milizia fascista. Egli determinò nel 1958 l'avvicendamento alla Divisione affari riservati di Domenico De Nozza,[108] già questore di Trieste, al posto del noto Barletta. In questa nomina non era estraneo Robert Driscoll,[109] numero due della CIA in Italia, che era in stretto contatto con Tambroni, ed aveva avuto modo di apprezzare De Nozza durante l'amministrazione provvisoria del capoluogo giuliano.
Anche in virtù delle esperienze vissute a fianco degli americani in quel periodo, De Nozza (con altri collaboratori che si era portato al seguito dalla polizia civile triestina) impresse un intenso impulso innovativo all'intelligence interna cui era stato preposto. Fu tosto creato nella capitale un "ufficio psicologico" occulto che sostanzialmente svolgeva attività di ricatto nei confronti di uomini politici,[110] emulato da una rete di uffici clandestini, camuffati da imprese commerciali, dislocati in ciascun capoluogo di regione, che avevano scopi informativi e perfino controinformativi in relazione alle sedi ed agli esponenti del PCI ed altre formazioni di sinistra. L'azione di questi nuclei era talmente riservata che si tentò di renderla impenetrabile anche allo stesso SIFAR.[111] A questo proposito occorre osservare che Driscoll collaborò all'attività di De Nozza finanziariamente ed organizzativamente, con generosità non proprio disinteressata. Per almeno due anni gli uomini degli "affari riservati" operarono come un servizio parallelo, all'insaputa tanto del SIFAR quanto del governo, e prendendo ordini più da Washington che da Roma.[112] Questo stato di cose s'interruppe nel 1959, quando un telegramma cifrato dell'organizzazione di De Nozza fortuitamente cadde nelle mani di Carmelo Marzano,[113] questore di Roma;[114] ne nacque una sorta di faida interna agli ambienti della DC, culminata, dopo un anno, con il declino politico di Tambroni ed il formale scioglimento di questi "uffici speciali", anche se giova notare che nessuno dei più importanti protagonisti della "parentesi triestina" ebbe a subirne alcuna grave conseguenza, fosse anche sul puro piano della carriera nelle strutture di sicurezza dello Stato.[115]
Fra questi sopravvissuti, emerge il nome di Walter Beneforti.[116] Si tratta di una sorta di doppiogiochista che aveva collaborato con il SIFAR con il nome in codice di "Miro",[117] aveva poi raggiunto (segretamente) i vertici dell'organizzazione di De Nozza, ed al termine di quell'esperienza aveva ripreso il suo rapporto con il Centro CS SIFAR di Padova.[115] In questa sua "nuova" veste, Beneforti non mancò di mettere in cattiva luce il questore Marzano, che sarebbe stato a sua volta sul libro paga di Driscoll, affermazione non necessariamente vera, ma neppure totalmente inverosimile.[118] Lo ritroveremo a reggere la Criminalpol di Milano fino al 1971, quando risulta che abbia dato le dimissioni, forse venendo reintegrato negli AARR.[118] Sta di fatto comunque che Beneforti, coinvolto in varie inchieste, fu arrestato successivamente in almeno tre occasioni (1973, 1976 e 1978), trascorse in carcere anche qualche periodo relativamente lungo senza svelare alcunché, ed in tutte le circostanze fu sempre rilasciato senza che le indagini fossero approdate a pratici risultati.[118]
Un documento segreto della CIA, redatto nel 1963,[119] confermava l'attività di dossieraggio praticata dall'amministrazione Tambroni, anche con il paravento di una fantomatica "agenzia Eco di Roma".[120] Questo, in un certo senso, non fu che il preludio della vasta e sistematica opera di schedatura posta in essere dal SIFAR del generale Giovanni De Lorenzo, argomento che sarà discusso appresso.
Il capillare inventario del SIFAR
De Lorenzo ascese alla massima poltrona SIFAR nel 1955, auspice il Presidente Gronchi e con l'indiretta benedizione di Allen Dulles, uno dei più potenti capi della CIA; la nomina di De Lorenzo tranquillizzò del resto gli americani, per il quale Gronchi peccava di "sinistrismo".[121] De Lorenzo era stato pluridecorato per meriti acquisiti nella guerra di Resistenza, anche se, curiosamente, nel 1958 fu riformulata la motivazione delle onorificenze, in modo tale da rimuovere i riferimenti alla collaborazione con partigiani.[121] Il suo periodo di comando al SIFAR segnò il record assoluto di oltre sei anni, praticamente corrispondenti al mandato presidenziale di Gronchi, di cui (nel 1960) aveva saputo conquistare la fiducia cavalcando la bufala di un ipotetico rapimento del Capo dello Stato, asseritamente ordito da Randolfo Pacciardi, già Ministro della Difesa.[122][123]
Il Piano Solo
Ogni stato membro della NATO, disponeva —in quegli anni— di un piano di emergenza che si sarebbe dovuto applicare in caso di pericolosi perturbamenti dell'ordine pubblico, che tuttavia poteva operare anche in funzione preventiva, come successe ad Atene nel 1967, quando l'attivazione del Piano Prometheus determinò l'instaurazione del cosiddetto "regime dei colonnelli".
In Italia, il Piano Solo,[124] sulla cui natura difensiva (reazione a minaccia di "golpe rosso") o preventiva (colpo di stato autonomo) il dibattito è tuttora molto acceso, materialmente fu una serie di disposizioni impartite da De Lorenzo ai vertici dell'Arma dei Carabinieri per neutralizzare quelli che venivano individuati quali esponenti e "centri di potere" della sovversione social-comunista.
Tutta l'operazione rimase al tempo accuratamente celata all'opinione pubblica, se si fa eccezione per un articolo di Pietro Nenni sull'Avanti! del 26 luglio 1964, il cui senso appare oggi piuttosto chiaro, ma difficilmente poteva essere inteso nella sua reale importanza (peraltro poi attenuata dall'autore medesimo) da parte di un lettore che non possedesse le necessarie informazioni.[128]
Aloja. La svolta "arditistica"
Verso la fine dello stesso anno, con discutibile procedura, De Lorenzo otteneva che Allavena prendesse il posto di Viggiani (due nomi che abbiamo già incontrato nella sezione precedente) alla direzione del SIFAR (Viggiani, gravemente malato, si sarebbe spento da lì a poco, come verosimilmente De Lorenzo aveva potuto prevedere).[128]
Nel 1965 divenne Capo di Stato Maggiore della Difesa il generale Giuseppe Aloja. Questi era fautore della costituzione di un nerbo ristretto di militari che —in caso di crisi locali— forti di un "substrato ideologico", potessero svolgere un'efficace azione anticomunista. Sul piano organizzativo, ciò presupponeva la promozione di uno specifico addestramento anti-guerriglia e la fondazione di scuole per la guerra psicologica.[129] Sul piano culturale, il movimento di Aloja affondava le radici nella produzione di autori neofascisti quali Guido Giannettini,[130] Pino Rauti, Eggardo Beltrametti,[131] Gianfranco Finaldi,[132] ed Enrico De Boccard,[133] che vagheggiavano dottrine naziste e le prodezze dell'OAS.[134]
Operativamente, in quegli anni nacquero i "corsi di ardimento" presso la Scuola di Fanteria dell'Esercito Italiano in Cesano (zona di Roma), con il plauso entusiasta dell'Agenzia "D" di Rauti e Giannettini:[135] "migliaia di uomini particolarmente addestrati contro la guerra 'sovversiva' onde fronteggiare esigenze particolari." Paradossalmente, si è detto che in tale contesto De Lorenzo potesse riscuotere un certo apprezzamento perfino dalla sinistra, poiché rappresentava comunque una forma di "meno peggio".[134]
Il convegno del Parco dei Principi
Nel maggio 1965 l'istituto di storia militare "Alberto Pollio“[136][137] indisse, con vasta partecipazione degli intellettuali reazionari testé nominati, presso l'hotel Parco dei Principi di Roma,[138] un convegno (dal titolo: "La guerra rivoluzionaria"),[139] che è stato considerato il momento fondativo dottrinale della strategia della tensione.[140][141][142] L'ufficialità dell'evento risaltava dal tavolo di presidenza: Salvatore Alagna,[143] consigliere di corte d'appello, generale Alceste Nulli Augusti,[144] colonnello Adriano Magi-Braschi.[140] Uno degli interventi più significativi fu —a posteriori— quello svolto da Giano Accame, sostanzialmente preconizzante il già ricordato golpe dei colonnelli in Grecia (verificatosi puntualmente due anni più tardi). Il convegno godette verosimilmente della sponsorizzazione di Confindustria, come si desumerebbe dalla partecipazione di manager quali Ivan Matteo Lombardo (uomo politico, ma anche dirigente Squibb) e Vittorio De Biase[145] (per Edison). Il famoso ufficio REI del colonnello Rocca stipulò contemporaneamente copiosi abbonamenti alla pubblicazione "Agenzia «D»", facente capo a Rauti e Giannettini.[140]
Il declino di De Lorenzo
![]() Giovanni De Lorenzo nel 1968, eletto deputato della Repubblica Italiana
L'ascesa di De Lorenzo durò poco: nel gennaio 1967 sui dossier voluti da De Lorenzo ai tempi del SIFAR vi fu una serie di interrogazioni parlamentari (presentate anche da esponenti democristiani, primo fra tutti il senatore Girolamo Messeri, che recriminava di essere stato oggetto di spionaggio italiano durante un viaggio negli USA come membro di una missione parlamentare in ambito NATO).
Il Ministro della Difesa socialdemocratico Roberto Tremelloni riconobbe l'esistenza dei fascicoli, parlando di un'attività non ortodossa dei servizi che descrisse, assicurandosi la primogenitura dell'uso del termine in questo senso, di "deviazioni". In seguito al clamore suscitato dalla pubblica ammissione, il 15 aprile 1967, il Consiglio dei ministri, con procedura eccezionale, mise a riposo il Generale De Lorenzo.
Nel maggio seguente arrivò il colpo di grazia: il settimanale L'Europeo prima, e L'Espresso poi sostennero, riferendosi al Piano Solo, che nel 1964 Segni e De Lorenzo avevano tentato un golpe.
Secondo ricostruzioni che vanno guadagnando crescente credito, lo scoop de L'Espresso, più ricco di dettagli rispetto a quello della testata concorrente, sarebbe stato favorito dal KGB sovietico che, avendovi ovvio interesse, fornì ai giornalisti materiale sul "Piano Solo". Leonid Kolosov,[146] capo della struttura italiana del Servizio di Mosca, avrebbe poi ammesso nel 1992 di aver favorito la diffusione di queste notizie, raccolte in tempo reale nel '64 grazie ad una talpa nel Sifar.
Il Generale a riposo querelò il direttore de "L'Espresso" Eugenio Scalfari e l'autore degli articoli, Lino Jannuzzi. I due giornalisti vennero condannati in primo grado a diciassette mesi per diffamazione a mezzo stampa (anche se poi vi fu la remissione di querela).
In sede processuale Jannuzzi affermò che oltre ad Anderlini, a fornire informazioni erano stati anche Ferruccio Parri ed i generali Aldo Beolchini,[147] Paolo Gaspari[148] e Giorgio Manes.[149]
Sul versante civile
Giubilato De Nozza, nel 1959 al vertice degli Affari riservati furono impugnate da Ulderico Caputo,[150] un altro soggetto di salde esperienza fasciste.[151] La sua direzione va ricordata soprattutto per il tentativo di riavvicinamento con i colleghi del versante militare (SIFAR),[152] ma si concluse in circa diciotto mesi, presumibilmente senza rimpianti da parte di Caputo, che aveva accettato a malincuore "per lo stato disastroso della situazione ereditata".[151]
L'avvicendamento sembra legato alla "svolta Kennedy" (già illustrata nella voce di dettaglio), con la quale verosimilmente Caputo non era abbastanza in linea; andò questore a Torino, dove è dimostrata la sua proficua collaborazione con il sodalizio Rocca-Valletta nell'attività di provocazione di cui parimenti abbiamo già parlato (nella medesima sezione di quella voce).[153]
![]() Un apparato "Jitka" degli anni 1960 per l'intercettazione telefonica.
Dal 1961 al 1963 la Divisione Affari riservati fu appannaggio di Efisio Ortona,[154] funzionario di polizia già addetto alla sicurezza personale della regina Elena, in seguito assunto in analoga posizione dal presidente Saragat.[155] Ad Ortona (di cui non sono noti meriti o demeriti particolari) successe Savino Figurati,[156] personaggio nell'orbita di Paolo Emilio Taviani, nonché veterano del CLN Liguria;[157][158] guiderà gli AARR fino al 1967, anno della sua morte. Fu poi la volta di Giuseppe Lutri,[159] nel "Ventennio" esponente della polizia politica a Torino, nonché questore durante i fatti di Genova (1960),[160][161] al quale va se non altro riconosciuto il risultato di non aver fatto parlare di sé nel ruolo di direttore d'intelligence.[162]
Tra scandali e riforme
L'epopea Henke
![]() Il presidente Giuseppe Saragat
![]() Reinhard Gehlen durante la Seconda guerra mondiale
La scelta di ribattezzare SID quello che si era chiamato SIFAR (DPR 18 novembre 1965, n. 1477)[163] non fu particolarmente felice, almeno sul piano storico, posta l'omonimia con l'altro servizio che era esistito nell'Italia repubblichina.[164]
Anche sul piano strettamente tecnico-legislativo, la genesi del "nuovo"[165] servizio (che sarà ufficialmente operativo in data 1 luglio 1966) sarà piuttosto carente, sia per l'assenza di un confronto politico preliminare su natura e compiti di tale struttura, sia per il fatto che il SID non affondasse le sue radici su alcuna "legge" in senso tecnico, ma soltanto su due atti giuridici di rango inferiore.[166] Pur con i suoi limiti, l'impianto normativo stabiliva in ogni caso che il campo d'azione del SID dovesse limitarsi alla "difesa militare o sicurezza nazionale",[167] ma tali previsioni, peraltro parzialmente inconoscibili al tempo dei fatti (per la classificazione di segretezza apposta alla circolare ministeriale), rimasero largamente disattese.[168]
L'ammiraglio Eugenio Henke,[169] di lontana ascendenza austriaca, aveva fatto inizialmente carriera con Taviani, ma verso il 1960 era passato nell'orbita socialdemocratica, tanto che la sua nomina a capo del SID nel 1966 era stata auspicata dall'ammiraglio Virgilio Spigai,[170] consigliere militare del presidente Saragat.[171] Negli stessi anni, si eclissava progressivamente l'importanza dell'ufficio REI di Rocca, a sua volta legato a Valletta, che nel 1966 veniva direttamente rimpiazzato al timone della FIAT da Giovanni Agnelli. Un intero mondo, puramente centrista e quindi intrinsecamente antisocialista, lasciava il posto a quello che i politologi avrebbero chiamato "equilibrio più avanzato", con inevitabili conseguenze nelle strutture e nei potentati della nostra intelligence, che della politica ha sempre costituito una sorta di riflesso. Sempre al contempo, Henke aveva curato un "disvelamento pilotato" delle anomalie di De Lorenzo, impedendo che lo scandalo montante potesse coinvolgere la classe politica che quel generale aveva favorito e —fino ad un certo momento— coperto.[172]
In collaborazione con il colonnello Enzo Viola[173] dell'Ufficio «D» (controspionaggio), Henke gettò le fondamenta della strategia della tensione, mantenendo i contatti con estremisti di destra, oltre che con il BND, all'epoca ancora guidato dal suo fondatore, generale Reinhard Gehlen, un personaggio di spicco del Terzo Reich. Il servizio tedesco aveva chiesto (con successo) al SID di contrastare l'attività di mediazione che il PCI cercava di svolgere tra il Partito Socialdemocratico Tedesco ed i regimi d'oltrecortina, in funzione di quella che conosceremo come Ostpolitik.[174] Parallelamente erano ben coltivate cordiali relazioni con il KYP, il servizio dei colonnelli golpisti greci, tanto che —con il patrocinio delle strutture italiana e greca— verso il 1968 si svolse la "crociera di studio" con il concorso di centinaia di fascisti del calibro di Pino Rauti, Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie.[175]
Nel 1968, Viola, promosso a più importanti gradi ed incarichi militari,[176] lasciò l'Ufficio «D» nelle mani di Federico Gasca Queirazza,[177] che ne rimase a capo fino al 1971. Nel 1969 Gasca Queirazza fu informato da Giannettini che "bande autonome neofasciste" avevano in programma "attentati in luoghi chiusi".[176] Non è mai stato chiarito quali eventuali provvedimenti siano stati adottati dal SID in proposito. Taviani,[178] accennò molto tempo dopo (in una sua opera postuma) al ruolo svolto da tale avvocato Matteo Fusco,[179] assai ben introdotto presso il SID,[180] nel tentativo (invero tragicamente fallito) di "recare il contrordine sugli attentati previsti in Milano".[181] L'evento cui si allude è la strage di piazza Fontana.
Bisogna, per obiettività, dare atto che successive indagini svolte presso gli archivi del SISMI non hanno mai portato alla luce alcun riscontro documentale dell'attività eventualmente praticata da Fusco nell'intelligence italiana. Vi sono svariati elementi indiziali che indurrebbero ad asseverare la teoria di una sua collaborazione con i servizi,[188] ma allo stato delle attuali conoscenze è impossibile sciogliere il dilemma, in un senso o nell'altro.
Gli AARR e gli anni di piombo
Sul "ponte di comando" della Divisione Affari Riservati, a Giuseppe Lutri, nel 1968, subentrò Elvio Catenacci, in precedenza questore a Padova e a Trento.[189] Contestualmente, gli AARR istituivano una sezione unificata per la vigilanza sui partiti estremisti ed una sezione investigativa.[190] Nel 1969 Catenacci diresse la fulminea (ma evasiva) inchiesta sulla morte dell'anarchico Pinelli,[191] e cooperò alla pretestuosa rimozione del commissario Pasquale Juliano,[192] le cui indagini "rischiavano" di contrastare efficacemente le trame di Franco Freda e sodali dell'ultradestra veneta.[193]
Secondo Vincenzo Vinciguerra, il cosiddetto arruolamento (all'"attività anticomunista") di Delfo Zorzi avvenne su iniziativa di Catenacci.[194] La circostanza trova indiretto conforto in una deposizione processuale di Federico Umberto D'Amato in relazione alla strage di Peteano.[195]
Pure nel 1970, promosso Catenacci a vice capo della Polizia,[199] la direzione degli AARR andò ad Ariberto Vigevano,[200] già questore di Bergamo. Nel medesimo anno, la divisione AARR veniva ribattezzata Servizio informazioni generali e sicurezza interna (SIGSI),[201] al cui interno erano costituite una Divisione sicurezza interna e informazioni generali e una Divisione ordine pubblico e stranieri. L'anno successivo Vigevano fu promosso ispettore generale presso il Vaticano, e poco dopo morì d'infarto. Benché il suo breve periodo di comando agli AARR/SIGSI sia parzialmente coinciso con la fase in cui si cercava di attribuire agli anarchici il biasimo per Piazza Fontana, non è possibile affermare una responsabilità certa di Vigevano in tale operazione.
Operatori dell'Office of Strategic Services (OSS) si addestrano in preparazione alla Operazione Jedburgh.[202]
Il già citato D'Amato incarnava nel frattempo l'eminenza grigia degli AARR/SIGSI.[198] Essendo un uomo brillante e professionalmente competente, D'Amato è sempre riuscito a mantenere una posizione defilata, pur avendo partecipato a molte delicate vicende. L'unico suo punto debole è la dimostrata frequentazione del già ricordato Stefano Delle Chiaie.[203] Subito dopo la guerra, invece, D'Amato praticò sovente l'ufficio romano di James Angleton, all'epoca, numero uno dell'OSS[204] nella nostra capitale.[205][206] Licio Gelli sostiene che D'Amato mantenesse «rapporti diretti» con dirigenti del PCI e disponesse di un «Ufficio riservato personale» (gestito da suoi fedelissimi, estranei all'amministrazione "ufficiale“) che —per la delicatezza del materiale confidenziale raccolto— D'Amato chiamava familiarmente 'la mia polveriera'.[207] In effetti, seppur con la ragguardevole eccezione di Giacomo Mancini e relativa consorteria, D'Amato seppe davvero intrattenere buone relazioni con tutti gli schieramenti politici, il che, forse, contribuì a garantirgli un atteggiamento benevolo di giornalisti e giudici circa il suo eventuale coinvolgimento nella strategia della tensione. Due voci fuori del coro erano i magistrati Gerardo D'Ambrosio ed Emilio Alessandrini, la cui inchiesta (1974) su Piazza Fontana venne infatti "provvidenzialmente" dirottata dalla Cassazione verso la sede di Catanzaro.[197][208] Sempre nel 1974, Taviani —per tacitare un malcontento che si era diffuso nella pubblica opinione— procedette ad una falsa destituzione di D'Amato,[206] che in realtà veniva designato capo del servizio di polizia stradale, di frontiera, ferroviaria e postale, ovvero comandante di un quarto dei poliziotti italiani.[209]
D'Amato lasciò il segno comunque anche nella nascita (1974) dell'Ispettorato generale per l'azione contro il terrorismo (IGAT),[210][211] che affiancava il SIGSI assumendo il ruolo di struttura eminentemente operativa, articolata in tredici nuclei regionali.[212] Analogamente, D'Amato continuò ad esercitare di fatto una funzione d'indirizzo per tutto l'ambiente istituzionale preposto alla pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, né il suo prestigio venne intaccato dalle illazioni sulla sua partecipazione alla P2.[213] Lasciò il servizio attivo nel 1984, e si spense nel 1996. Poco dopo il suo decesso, la sua casa fu perquisita su mandato del giudice Carlo Mastelloni,[214] che stava indagando sul sabotaggio di Argo 16. La perquisizione, peraltro, non fornì elementi di particolare rilievo probatorio.[215]
Il SID e lo scontro Miceli-Maletti
A Henke il 18 ottobre 1970 successe al vertice del Servizio Informazioni Difesa (SID) il generale Vito Miceli che dall'anno precedente era capo del SIOS, il servizio di controspionaggio dell'Esercito.
Miceli si distinse per una linea filo araba in politica estera, in linea con quella del presidente del consiglio Aldo Moro e sventò anche un attentato contro il colonnello Gheddafi. PEr questo entrò in contrasto con il suo numero due, il colonnello Gianadelio Maletti dal 1971 assegnato al SID, e promosso generale divenne capo del reparto D (controspionaggio), che era legato ai servizi israeliani e americani e ad Andreotti.
Miceli restò alla guida dei servizi segreti fino al 30 luglio 1974 quando fu arrestato per "cospirazione contro lo Stato",[216] in conseguenza al fallito golpe Borghese (e poi assolto nel 1978).
Il golpe dell'Immacolata
Il piano cominciò a essere attuato tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con il concentramento nella Capitale di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano.
Nella sede del Ministero degli Interni iniziò anche la distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori; il generale dell'Aeronautica militare italiana Giuseppe Casero[217] e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio[218] presero posizione al Ministero della Difesa, mentre un gruppo armato del Corpo Forestale dello Stato, di 187 uomini, guidato dal maggiore Luciano Berti si appostò non lontano dalle sedi televisive della RAI. A Milano, invece, si organizzò l'occupazione di Sesto San Giovanni tramite un reparto al comando del colonnello dell'esercito Amos Spiazzi.
Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, repentinamente, Valerio Borghese ne ordinò l'immediato annullamento.
Le motivazioni di Borghese per questo subitaneo ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono tuttora pienamente chiarite.
Secondo la testimonianza di Amos Spiazzi,[219] il golpe sarebbe stato una messinscena: destinato a venire immediatamente represso dalle forze governative tramite un piano dal nome in codice Esigenza Triangolo, avrebbe costituito un pretesto per consentire al governo democristiano di emanare leggi speciali.
Borghese, tuttavia, si sarebbe reso conto (o sarebbe stato avvertito) della trappola e si sarebbe dunque fermato in tempo. Il movimento di Amos Spiazzi a Sesto San Giovanni, a suo dire, avrebbe fatto parte della legittima operazione Esigenza triangolo, non del golpe. Egli testimoniò di aver incrociato durante il tragitto in autostrada quella notte numerose autocolonne militari oltre la sua. Oltre a lui, altri militari avvisarono Borghese del piano di ordine pubblico.
Recentemente in un programma di Giovanni Minoli si è presentata la documentata visione dello stop del golpe come di un ordine proveniente dai servizi americani, che avrebbero dato il loro beneplacito al proseguimento del colpo di mano solo nel caso che al vertice del nuovo assetto politico fosse stato posto Giulio Andreotti (che invece avrebbe rifiutato). Questa ipotesi, ovviamente, non esclude la precedente, ma piuttosto la integra.[220]
La Rosa dei Venti
Nel 1972 l'Italia fu sconvolta da una serie di attentati. Il 14 marzo Giangiacomo Feltrinelli era saltato assieme ad una bomba che apparentemente[221] stava collegando ad un traliccio.[222] Il 17 maggio era stato assassinato il commissario Luigi Calabresi. Il 31 maggio fu la volta della strage di Peteano. Il 21-22 ottobre si verificarono diversi attentati a linee ferroviarie nei pressi di Reggio Calabria.
![]() Per una curiosa coincidenza, la rosa dei venti adorna anche lo stemma della CIA (nello scudo brandito dall'aquila).[223]
Dietro a tutti questi eventi si sarebbe celata la persistenza di un'organizzazione eversiva, che non aveva certo rinunciato ai propositi insurrezionali che abbiamo descritto poc'anzi; questo fenomeno di ultra-attività si ricorda come Rosa dei Venti, denominazione che è stata spiegata in diversi modi.[224] Infatti, da un'originaria trista metafora geografica, veicolante il messaggio "colpire da tutte le parti, senza pietà",[225] passò poi al gioco di parole fondato sull'omografia, ovvero Rosa dei 20, ad indicare il numero di formazioni clandestine che in un certo momento (crebbero successivamente a 24) vi facevano capo.[226]
Il Movimento di Azione Rivoluzionaria
Secondo Carlo Fumagalli,[227] uno dei suoi esponenti carismatici, il MAR nasce per iniziativa di personalità altolocate a Roma, nel 1962, mentre l'Italia s'interroga sull'avventura rappresentata dall'imminente Centrosinistra.[228] È plausibile un collegamento tra il MAR e l'opera di reclutamento del colonnello Rocca, che —come abbiamo visto— proprio a quell'epoca ricercava volenterosi per le sue attività di provocazione.[229] Fumagalli, reclutato giovanissimo nelle milizie della Repubblica Sociale Italiana, ben presto —abbandonando i repubblichini— era passato a condurre una singolare guerra partigiana nel valtellinese, a fianco del capitano alpino Giuseppe Motta (nome di battaglia "Camillo"):[230][231][232] una guerra non molto ostile verso i fascisti, ma assai gradita agli americani, che infatti ricompenseranno poi Fumagalli, Motta ed un altro partigiano locale, Edgardo Sogno, con la Bronze Star Medal.
Queste benemerenze avranno un riflesso anche in anni più vicini a noi. Fumagalli mantenne le relazioni con Motta, passato al SIFAR, dove raggiungerà il grado di generale prima di congedarsi nel 1972. Con mandato statunitense, Fumagalli svolse una missione in Yemen del Sud, volta a favorire l'organizzazione della guerriglia contro il governo progressista.[233] Nel 1970 rilasciò un'intervista a Giorgio Zicari,[234][235][236][237][238] in cui dichiarava di essere stato interessato da collaboratori di Franz Josef Strauß per partecipare alla costituzione di un partito programmaticamente eversivo.[239] Nell'aprile del 1970 saltarono in aria dei tralicci in Valtellina; l'inchiesta —con strascichi anche a Roma, dove venne sottoposto ad intercettazione telefonica il generale Motta[240]— puntò alla responsabilità del MAR, di cui furono arrestati quattro elementi. Fumagalli riuscì a sottrarsi alla cattura, benché pare che continuasse per lungo tempo a frequentare polizia e carabinieri a Milano.[241] Quando l'accusa nei suoi confronti stava per essere derubricata da insurrezione armata contro i poteri dello Stato a quella ben più lieve di detenzione di armi/esplosivi, tutt'un tratto comparve a processo a Lucca, ove —venendo accertato che l'esplosivo fosse stato "bagnato" (e quindi reso quasi inservibile)— beneficiò di una condanna praticamente simbolica.[242]
Nel 1973 sono documentati contatti tra Fumagalli, Sogno, Spiazzi ed il già ricordato Nardella. Pare che tutti questi uomini, sia pure attraverso iniziative ed organizzazioni formalmente slegate tra loro, di fatto agiscano secondo un progetto unitario, tracciato da una superiore istanza cui tutti rendono conto ed obbediscono. Questa ipotesi è del resto avvalorata dallo stesso Fumagalli nel corso di un processo a Brescia (1974).[243] Ed ancora una volta toccò a Fumagalli predisporre la logistica per l'espatrio di Nardella, quando costui avvertì l'imminenza del proprio arresto per ordine del giudice Tamburino.[244] Secondo Torquato Nicoli,[245] si era sulla soglia di un colpo di stato a cura di "pochi fascisti" e per lo più "ex partigiani bianchi".[246] Da atti processuali apprendiamo che nel 1969-'70 vi sarebbero stati almeno tre incontri fra elementi del MAR (più altri attivisti neofascisti), ufficiali delle nostre forze armate e di quelle americane, ed in tali circostanze i militari avrebbero anche fornito materiale bellico ai facinorosi.[247] Alcuni carabinieri si sarebbero perfino prestati ad acquistare armi clandestine "al mercato nero", sempre destinate agli uomini MAR.[248]
Seguendo uno schema ormai ripetutamente esposto in questa voce, anche le varie inchieste giudiziarie riguardanti il MAR furono accentrate a Roma, ed altrettanto prevedibilmente terminarono in maniera del tutto inconcludente.[249]
Resta da dire che il nominato giornalista Zicari era verosimilmente (anche) un informatore dei servizi segreti, che in un'intervista del 1974 al Corriere della Sera aveva rimproverato a questi ultimi una colpevole inerzia, anche in relazione alla strage di Piazza della Loggia.[250] La vicenda aveva sollevato un vespaio, svelando sbalorditivi rapporti tra i vertici milanesi dell'Arma e gli uomini del MAR.[251] Perfino lo stupro di Franca Rame sarebbe stato un'azione ordinata dai medesimi ambienti delle forze dell'ordine.[252][253][254][255][256]
La riforma del '77: Sismi e Sisde
![]() Stemma del Sismi
Intanto con la legge 24 ottobre 1977 n. 801 ("Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato") [257] si giunse ad una prima riforma dei servizi segreti italiani, con la creazione del SISMI e del SISDE. Nel 1974 era già stato chiuso l'Ufficio affari riservati per far posto al l'Ispettorato generale per l'azione contro il terrorismo (IGAT), assorbito nel 1977 dal SISDE.
La riforma riorganizzò quindi i servizi con il proposito di renderli più consoni ai principi costituzionali. In particolare:
I misteri della NATO
![]() Il frontespizio di un Field Manual[258]
É stato già accennato in precedenza alla probabile esistenza di "protocolli segreti" aggiunti al trattato NATO.[259][260][261] Malgrado la parziale rimozione del vincolo di segretezza su tali documenti, è facile comprendere che si trattasse di documenti largamente impliciti, che fondavano la loro efficacia in gran parte sulla personalità dei direttori dei servizi: essi pertanto, verosimilmente, venivano affiliati dagli americani ben prima della loro nomina alle posizioni apicali degli apparati (la cosiddetta "doppia dipendenza" o "doppia lealtà").[262] La questione era esposta piuttosto esplicitamente nel controverso (gli ambienti ufficiali USA hanno generalmente tentato di negarne l'esistenza)[263][264] Supplement B to US Army Field Manual 30-31.[265] Del documento, noto anche come "Piano Westmoreland," venne scoperta una copia in una valigia della figlia di Licio Gelli (perquisizione a Fiumicino, 4 luglio 1981).[266] Potrebbe essere una mera coincidenza, ma sta di fatto che tre direttori del SISMI (Luigi Ramponi, Cesare Pucci[267] e Sergio Siracusa) erano stati, tempo addietro, addetti militari a Washington.
Ad esempio è stato documentato che, negli anni '70, l'Ufficio centrale per la sicurezza (UCSI)[268] impedisse a cittadini italiani l'accesso a taluni incarichi (ritenuti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale) anche solo perché questi cittadini non erano politicamente schierati verso posizioni "atlantiche".[269]
Un altro clamoroso scandalo, in quegli anni, fu suscitato dalle dichiarazioni dell'allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti (24 ottobre 1990), dalle quali si evinceva l'esistenza della "Gladio", una rete anticomunista di tipo stay-behind, sostenuta dalla NATO, che secondo alcuni settori della sinistra poteva essere implicata nella "strategia della tensione“ che funestò i cosiddetti anni di piombo.[141]
Gli anni 2000
Schema "mediatico" del flusso di notizie scaturito dal Plame Affair[270]
![]()
Negli anni 2000, il SISMI divenne ancora oggetto di una controversia nazionale, culminata nelle dimissioni del suo capo, Nicolò Pollari, nel novembre 2006, dopo l'incriminazione per il caso Abu Omar, ovvero il sequestro e la extraordinary rendition di Hassan Mustafa Osama Nasr (meglio noto come Abu Omar), iniziati a Milano nel 2003.[273] A margine dell'inchiesta giudiziaria sulla deportazione di Abu Omar, vennero alla luce un'operazione clandestinamente condotta dal SISMI in danno di Romano Prodi ed un vasto programma di sorveglianza interna in cui era implicata Telecom Italia.[274]
Oltre al Caso imam rapito cui abbiamo appena accennato, il SISMI fu coinvolto nello scandalo Nigergate, in cui agenti della nostra intelligence militare inviarono al presidente USA George W. Bush falsi documenti,[276] poi utilizzati come principale pretesto per l'invasione dell'Iraq.[277]
Infine, una perquisizione coordinata dall'autorità giudiziaria nella sede principale del SISMI, nell'agosto 2007, scoprì documenti dimostranti come tale agenzia avesse spiato, dal 2001 al 2006, vari magistrati europei che il SISMI giudicava portatori di "potenziale destabilizzante". Erano oggetto di tale sorveglianza l'associazione Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés,[278] come pure tre giudici francesi, tra cui Anne Crenier,[279] già presidente dell'associazione di categoria Syndicat de la magistrature,[280] moglie del suo collega italiano Mario Vaudano,[281] operante nell'"European Anti-fraud Office"[282] (OLAF).[283][284]
La riforma: la legge 124/2007
![]() Stemma dell'AISE
Successivamente, il Governo Prodi II, di centrosinistra, varò la legge n.124 del 3 agosto 2007,[285] che creò un nuovo "sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica", in particolare ponendo i servizi sotto un più stretto controllo del Presidente del Consiglio dei ministri, cui compete la nomina di direttori e vicedirettori di ciascuna agenzia; egli inoltre
I servizi vengono così uniformati alle principale agenzie estere con la divisione non più tra servizi civili e militari ma per competenze, con l'AISE che si occupa dell'intelligence all'estero, e l'AISI il controspionaggio interno.
Scandali
Rapporti controversi con la criminalità
È provata la parte svolta dai servizi in alcuni casi di depistaggio di indagini, o di altre discutibili relazioni con ambienti e/o attività illegali. Ne sono notorie conseguenze i vari naufragi delle inchieste giudiziarie per gli attentati dinamitardi di Trento,[287][288][289] di piazza Fontana, di Brescia e dell'Italicus. L'azione di disturbo verso gli inquirenti è stata praticata sia attraverso atteggiamenti di sostanziale intimidazione, sia mediante divulgazioni di copioso materiale istruttorio —al fine di obbligare la magistratura a trascurare piste genuine— spesso preludio di ritrattazioni di "supertestimoni": la conclusione quasi inevitabile era il proscioglimento "per insufficienza di prove", secondo una formula processuale oggi non più contemplata dal codice di procedura penale.[290]
Da atti processuali risulta altresì la collaborazione tra SIFAR ed Ordine Nuovo, definita "organizzazione sorretta dai servizi di sicurezza della NATO".[291]
Per quanto riguarda il caso Moro, Ferdinando Imposimato ha sostenuto[292] che vi fosse uno stretto legame tra la banda della Magliana ed il SISMI, e segnatamente tra Antonio Chichiarelli, autore del falso comunicato brigatista numero sette che depistò le ricerche al lago della Duchessa, e Giuseppe Santovito,[293] piduista[294] e primo direttore di quel servizio informazioni militare.[295]
Convolgimenti in attentati ed atti terroristici
Alcuni episodi sono accaduti (o se ne è acquisita una qualche conoscenza) in epoche talmente vicine ai nostri giorni che al momento è assai difficile considerarli in un'esatta prospettiva storica; ne accenneremo soltanto per completezza espositiva.
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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Supplemento Enciclopedico del MONITORE NAPOLETANO
Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011