Costituzione della Repubblica Italiana (storia e descrizione) |
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Martedì 09 Ottobre 2012 16:36 |
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione. »
(Piero Calamandrei - Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria, Milano, 26 gennaio 1955) La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano. Fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947. Fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1948. Della Carta Costituzionale vi sono tre originali, uno dei quali è conservato presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica StoriaOrigini e nascita![]() Lo Statuto albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti nel 1848 e rese l'Italia una monarchia costituzionale, con concessioni di poteri al popolo su base rappresentativa. Era una tipica costituzione ottriata (dal francese octroyée) , ossia concessa dal sovrano e da un punto di vista giuridico, si caratterizzava per la sua natura flessibile, ossia derogabile ed integrabile in forza di atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale delle istituzioni inglesi (benché il potere esecutivo fosse detenuto completamente dal re, sempre più spesso il Consiglio dei ministri rifiutò di restare in carica quando non gradito alla camera elettiva). Il primo Parlamento dello Stato unitario, in principio del 1861, si compose con un suffragio elettorale ristretto al 3% della popolazione; nel 1882 il diritto di voto fu portato al 7% della popolazione, con riforme nel 1912 e 1918 il diritto fu esteso fino a una forma di suffragio universale maschile. Benché l'articolo 1 proclamasse il cattolicesimo religione di stato, le relazioni fra la Santa Sede e lo Stato furono praticamente interrotte tra il 1870 e il 1929, per via della Questione romana. Anche a causa della mancanza di rigidità dello Statuto, col giungere del fascismo lo Stato fu deviato verso un regime autoritario dove le forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei deputati fu abolita e sostituita dalla «Camera dei fasci e delle corporazioni», il diritto di voto fu cancellato; diritti, come quello di riunione e di libertà di stampa, furono piegati in garanzia dello Stato fascista, mentre il partito unico fascista non funzionò come strumento di partecipazione, ma come strumento di intruppamento della società civile e di mobilitazione politica pilotata dall'alto. Tuttavia lo Statuto albertino, nonostante le modifiche, non fu formalmente abolito. I rapporti con la Chiesa cattolica vennero invece sanati e rinsaldati tramite i Patti Lateranensi del 1929, che ristabilirono ampie relazioni politico-diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato italiano. Il 25 luglio 1943, verso la fine della seconda guerra mondiale, Benito Mussolini perse il potere, il re Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un governo che ripristinò in parte le libertà dello statuto; iniziò così il cosiddetto «regime transitorio», di cinque anni, che terminò con l'entrata in vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni politiche dell'aprile 1948, le prime della storia repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti antifascisti costretti alla clandestinità, riuniti nel Comitato di liberazione nazionale, decisi a modificare radicalmente le istituzioni per fondare uno Stato democratico. Con il progredire e il delinearsi della situazione, con i partiti antifascisti che iniziavano ad entrare nel governo, non fu possibile al re di riproporre uno Statuto albertino eventualmente modificato e la stessa monarchia, giudicata compromessa con il precedente regime, era messa in discussione. La divergenza, in clima ancora bellico, trovò una soluzione temporanea, una «tregua istituzionale», in cui si stabiliva: la necessità di trasferire i poteri del re al figlio (ci fu un proclama del re il 12 aprile 1944), il quale doveva assumere la carica provvisoria di luogotenente del regno, mettendo da parte temporaneamente la questione istituzionale; quindi la convocazione di un'Assemblea Costituente incaricata di scrivere una nuova carta costituzionale, eletta a suffragio universale (giugno 1944). Fu poi esteso il diritto di voto alle donne (febbraio 1945) e, ormai raggiunto il silenzio delle armi, fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (marzo 1946) Formazione dell'Assemblea Costituente![]() L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali. Ora i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di considerarsi uguali, e si poté constatare la loro rappresentatività. Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito comunista, 18,9% e 104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione Democratica Nazionale), protagonista della politica italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati, con quindi il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al 4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5% corrispondente a 7 seggi. Fuori dal coro, in opposizione alla politica del CLN, raccogliente voti dei fautori rimasti del precedente regime, c'è la formazione dell'Uomo qualunque, che prese il 5,3%, con 30 seggi assegnati. Giorgio La Pira sintetizzò le due concezioni costituzionali e politiche alternative dalle quali si intendeva differenziare la nascente Carta, distinguendone una "atomista, individualista, di tipo occidentale, rousseauiana" ed una "statalista, di tipo hegeliano". Secondo i costituenti, riferì La Pira, si pensò di differenziarla nel principio che per il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra costituzione doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti individuali, non soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei diritti delle comunità intermedie che vanno dalla famiglia sino alla comunità internazionale. Firma della Costituzione da parte del Presidente Provvisorio Enrico de Nicola I lavori dovevano terminare il 25 febbraio 1947 ma la Costituente non verrà sciolta che il 31 dicembre 1947, dopo aver adottato la Costituzione il 22 dicembre con 458 voti contro 62. La Costituzione entra in vigore il 1º gennaio 1948. CaratteristicheComposizione e strutturaLa Costituzione è composta da 139 articoli (ma 5 articoli sono stati abrogati: 115; 124; 128; 129; 130), divisi in quattro sezioni:
Caratteristiche tecnicheLa Costituzione è la fonte principale del diritto, cioè quella dalla quale dipendono tutte le altre. La Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, compromissoria, democratica e programmatica.
Direttrici fondamentaliNelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare, sebbene già nell'Ordine del giorno Perassi (con cui appunto si optò per una forma di governo parlamentare) venne prevista la necessità di inserire meccanismi idonei a tutelare le esigenze di stabilità governativa evitando ogni degenerazione del parlamentarismo. Non mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie alla moderazione dei marxisti, confermare la validità dei Patti Lateranensi e permettere di accordare un'autonomia regionale tanto più marcata nelle isole e nelle regioni con forti minoranze linguistiche (aree in cui la sovranità italiana era stata messa in forte discussione durante l'ultima parte della guerra, e in parte lo era ancora durante i lavori costituenti). I principi fondamentali della costituzione italianaI primi dodici articoli della costituzione pongono i cosiddetti principi fondamentali. Anche se è possibile individuare, in via ermeneutica, come evidenziato in pacifica giurisprudenza costituzionale, ulteriori principi fondamentali nella parte II della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza della magistratura. I principi fondamentali non possono essere oggetto di modifica attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dai successivi articoli 138 e 139. Principio personalistaLa Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso infatti sancisce che "la Repubblica 'riconosce' e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato ma ad esso presistenti. Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa. Principio di laicitàIl principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 203del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di uguaglianza" (articolo 3). L'articolo 19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà religiosa come diritto inviolabile dell'uomo. Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica veniva riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accodi (le cd. "intese"). Ma anche le formazioni sociali a carattere religioso che non hanno il radicamento sociale vasto e la complessità organizzativa che fa attribuire la qualifica di "confessione religiosa", godono dell'analoga specifica tutela precisata nell'articolo 20. Questo articolo pone limiti e divieti all'autorità civile, volti ad impedire discriminazioni ed a garantire piena libertà a ogni forma organizzata della fede ("istituzioni o associazioni, a carattere ecclesiastico o con fine di religione o di culto. La legislazione repubblicana e l'elaborazione della dottrina del diritto ecclesiastico italiano, stentano ad adeguare i metodi al nuovo contesto democratico; così risulta ancora dominante la concezione che i diritti degli individui singoli e delle organizzazioni religiose di qualsiasi tipo e natura, invece di godere di una tutela diretta dalla legge, possono trovare tutela solo attraverso l'intermediazione di quei soggetti dominanti che vengono chiamati "confessioni religiose" contemplati nell'articolo 8 e selezionati politicamente dai Governi, perpetuando così il modello del regime dittatoriale dei "diritti riflessi", per cui solo l'appartenenza agli enti riconosciuti dal fascismo consentiva il godimento dei diritti, attribuiti agli enti e "riflessi" sulle persone che a questi obbedissero Principio pluralistaÈ tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata una ed indivisibile, è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (articolo 2), degli enti politici territoriali (articolo 5), delle minoranze linguistiche (articolo 6), delle confessioni religiose (articolo 8), delle associazioni (articolo 18), di idee ed espressioni (articolo 21), della cultura (articolo 33, comma 1), delle scuole (articolo 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (articolo 33, comma 6), dei sindacati (articolo 39) e dei partiti politici (articolo 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne. I diritti inviolabili sono riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata). Questi gruppi possono assumere diversi aspetti e tipologie, ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari. Principio lavoristaCi sono riferimenti già agli articolo 1, comma 1 ed all'articolo 4, comma 2. Il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo. Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati. Principio democraticoGià gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il principio di maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto il principio di sovranità popolare (articolo 1, comma 2). Principio di uguaglianzaCome è affermato con chiarezza nell'articolo 3, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza e quindi gli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Riguardo al principio di uguaglianza in materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge. Principio solidaristaVuol dire che lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art.2). Esso infatti deve rimuovere ogni ostacolo che impedisce la formazione della propria personalità. Principio dell’unità e indivisibilità della RepubblicaL'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro dovere di difendere la patria (sancito dall’articolo 52). Principio autonomistaSempre l'articolo 5 che assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da vicino e con maggiore incisività alla vita politica del Paese. Da una prima lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica esperienza dell’oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l’instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente in prima persona nella società e nell’economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede l'elezione del Senato su base regionale. Principio internazionalistaCome viene sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni. Principio pacifistaCome viene sancito all'articolo 11, la Repubblica italiana ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma non con intenti espansionisti) e accetta una limitazione alla propria sovranità (ad esempio accetta di ospitare sul proprio territorio forze armate straniere) nell'intento di promuovere gli organismi internazionali per assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni. Si intende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato ad un paese membro della NATO). Appare invece di controversa interpretazione il fatto se sia rispettoso di questo principio costituzionale il partecipare ad azioni definite come "missioni di pace" e similari, o guerre che non rispondono ad azioni di offesa esplicita (vedasi il caso della guerra d'Iraq del 2003 e della Guerra In Libia del 2011). Si dovrebbe ricordare che oltre all'articolo 11, la cui interpretazione è piuttosto ampia, ve ne sono altri sei che la guerra prendono in considerazione come una concreta possibilità. L'art 27, prevedeva la pena di morte in base al codice penale militare di guerra (ora ergastolo). L'art 60, proroga la vigenza di ciascuna camera, in caso di guerra. L'art 78, in cui le camere decretano lo stato di guerra L'art 87, in cui è il presidente della repubblica a dichiarare lo stato di guerra L'art 103, sulla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di guerra. L'art 111, in cui non veniva ammesso ricorso per cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra. (ora il ricorso è ammissibile) Parte prima: diritti e doveri dei cittadiniLa parte prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei diritti e dei doveri dei cittadini. Rapporti civilidall'articolo 13 al 28 Le libertà individuali: gli articoli dal 13 al 16 affermano che la libertà è un valore sacro e quindi inviolabile (articolo 13), che il domicilio è inviolabile (articolo 14), che la corrispondenza è libera e segreta (articolo 15), che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (articolo 16). Le libertà collettive: gli articoli dal 17 al 21 affermano che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza), privati e aperti al pubblico (liberamente) (articolo 17), e di associarsi liberamente, che le associazioni che hanno uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e del codice penale (articolo 18), che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (articolo 19), che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (articolo 21). Il diritto penale: gli articoli dal 22 al 28 affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza (articolo 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (articolo 24) (vedi anche Patrocinio a spese dello stato)[12], il principio di legalità della pena (articolo 25), le limitazioni all'estradizione dei cittadini (articolo 26), il principio di personalità nella responsabilità penale (articolo 27, comma 1), il principio della presunzione di non colpevolezza (articolo 27, comma 2) ed il principio di umanità e rieducatività della pena (articolo 27, comma 3); infine la previsione della responsabilità individuale del dipendente e funzionari pubblici e organicamente estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della p.a., a tutela della funzione sociale e dei consociati dagli illeciti, in materia civile(articolo 28, comma 2), nonché, amministrativa e penale(articolo 28, comma 1)[13]. dall'articolo 29 al 34 la famiglia gli articoli dal 29 al 31 affermano che la Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è di dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. la salute l'articolo 32 afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Afferma inoltre che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". l'arte e la cultura l'articolo 33 afferma che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. la scuola l'articolo 34 afferma che la scuola è aperta a tutti; quella statale è gratuita; libera e senza oneri per lo Stato quella privata (articolo 33, commi 3 e 4). Rapporti economicidall'articolo 35 al 47 l'organizzazione del lavoro: gli articoli dal 35 al 47 affermano che la Repubblica tutela il lavoro e la libertà di emigrazione (articolo 35), il diritto al giusto salario (articolo 36, comma 1), la durata massima della giornata lavorativa (articolo 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (articolo 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (articolo 37), i lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (articolo 38), la libertà di organizzazione sindacale (articolo 39), il diritto di sciopero (articolo 40), la libertà di iniziativa economica (articolo 41), la proprietà (articolo 42), la possibilità ed i limiti all'espropriazione (art 43), la proprietà terriera (articolo 44), le cooperative e l'artigianato (articolo 45), la collaborazione tra i lavoratori (articolo 46) ed il risparmio (articolo 47). Rapporti politicidall'articolo 48 al 54 Le elezioni: l'articolo 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età; afferma anche che il voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico. I partiti: l'articolo 49 afferma il principio della libertà di associarsi in partiti e del pluripartitismo politico. Le tasse: l'articolo 53 afferma il dovere di tutti i cittadini di concorrere alle spese pubbliche pagando le tasse (comma 1) ed il principio di progressività della tassazione (comma 2). I doveri: l'articolo 52 afferma il dovere di difendere la patria mentre l'articolo 54 afferma il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi. Parte seconda: Ordinamento della RepubblicaIl Parlamentodall'articolo 55 al 82 Il primo titolo riguarda il potere legislativo ed è suddiviso in due sezioni: Le Camere"Il parlamento si compone in Camera dei deputati e del Senato della Repubblica" (articolo 55, comma 1); "Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione" (articolo 55, comma 2). Secondo i successivi articoli la costituzione stabilisce testualmente che: "La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età" (articolo 56). Ed inoltre che: "Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale,salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due la Valle d'Aosta uno" (articolo 57). Inoltre la ripartizione dei seggi tra regioni, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni (articolo 57). "I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno" (articolo 58). "La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. La durata del mandato di ciascuna camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra" (articolo 60). La Formazione delle Leggidall'articolo 70 al 82 La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Il Presidente della Repubblicadall'articolo 83 al 91 Il secondo titolo riguarda le modalità di elezione, i poteri e le responsabilità del capo dello Stato, garante dell'equilibrio dei poteri. Il Governodall'articolo 92 al 100 Il terzo titolo riguarda il potere esecutivo ed è suddiviso in tre sezioni: Il Consiglio dei ministridall'articolo 92 al 96 La Pubblica Amministrazionedall'articolo 97 al 98 Gli Organi Ausiliaridall'articolo 99 al 100 La Magistraturadall'articolo 101 al 113 Il quarto titolo riguarda il potere giudiziario ed è suddiviso in due sezioni: Ordinamento giurisdizionaledall'articolo 101 al 110 Norme sulla giurisdizionedall'articolo 111 al 113 Le Regioni, le Province,[14] i Comunidall'articolo 114 al 133 Il quinto titolo riguarda le norme relative ai governi locali Garanzie Costituzionalidall'articolo 134 al 139 Il sesto titolo riguarda le garanzie poste per preservare la stessa costituzione ed è suddiviso in due sezioni La Corte Costituzionaledall'articolo 134 al 137 Revisione della costituzione e leggi costituzionalidall'articolo 138 al 139 Revisioni e Legislazione costituzionaleSecondo la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione per l'adozione delle leggi di revisione della Costituzione e per le altre leggi costituzionali sono necessarie due deliberazioni di entrambe le camere ad un intervallo non minore di tre mesi ed a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda votazione. Le modifiche al testo della costituzione non devono comunque compromettere lo spirito repubblicano e gli ideali sui quali essa si fonda. La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (articolo 139). Nel caso in cui la legge costituzionale sia stata approvata con una maggioranza inferiore dei due terzi dei componenti in una o in entrambe le camere, se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali la legge è sottoposta a referendum e non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Il testo originario della Costituzione, nel corso della storia, ha subito alcune revisioni, o emendamenti. Le leggi di revisione costituzionale sono le seguenti:
Per ciò che concerne le altre leggi costituzionali, un primo insieme riguarda l'approvazione o la modifica degli statuti delle Regioni a statuto speciale, di cui alcuni sono stati approvati nel febbraio 1948 dalla Costituente. Si tratta delle leggi seguenti:
Un ultimo insieme riguarda le leggi che introducono delle norme di natura costituzionale, e deroghe a quelle previste dalla costituzione. Tra queste sono incluse le leggi costituzionali del 22 novembre 1967 (n°2) la legge costituzionale del 16 gennaio 1989 (n° 1). Inoltre sono incluse le seguenti leggi:
Altri effetti della riforma sono:
Questa riforma, realizzata dall'Ulivo sulla base di un testo approvato da maggioranza e opposizione nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema, non è stata appoggiata dal quorum dei 2/3 del Parlamento: ciò ha permesso l'indizione di un referendum per chiederne all'elettorato l'approvazione o la bocciatura. Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 7 ottobre 2001, il 64,20% dei votanti (34,10% di affluenza) ha espresso la volontà di confermare la riforma, entrata poi in vigore l'8 novembre 2001. Il progetto di riforma costituzionale del 2005 rigettato dal referendum del 25/26 giugno 2006Il Parlamento italiano aveva approvato, sulla base di quattro saggi elaborati nella località di Lorenzago da esponenti di spicco della maggioranza di governo, una rilevante modifica delle disposizioni dell'attuale Costituzione (una cinquantina di articoli furono modificati da tale legge). Qualora tale riforma fosse entrata in vigore, si sarebbe prospettata la nascita di una Repubblica federale con un esecutivo nettamente più forte. Tra le principali disposizioni di tale (fallita) riforma costituzionale si possono citare in modo non esaustivo le seguenti:
Tale riforma, realizzata dalla Casa delle Libertà, ha suscitato vivaci discussioni, sia nel mondo politico, sia nella società civile, dando vita ad un dibattito acceso, soprattutto in funzione del referendum confermativo di tale riforma. La legge era stata approvata a maggioranza assoluta e, successivamente, è stato richiesto un referendum confermativo da tutti e tre i diversi soggetti abilitati a farlo (almeno un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque consigli regionali) per chiedere all'elettorato la conferma o il rigetto di tale riforma. Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 25-26 giugno 2006, il 61,70% dei votanti (53,70% di affluenza) ha espresso la volontà di impedire l'entrata in vigore della riforma, votando no. L'analisi del voto ha evidenziato come in Italia il sì abbia prevalso solo tra gli elettori di Lombardia e Veneto, mentre i voti all'estero hanno visto il prevalere del sì in tutte le circoscrizioni, eccetto che tra gli Italiani residenti in Europa. |
Ultimo aggiornamento Giovedì 06 Dicembre 2012 18:21 |