SAPIENTIA |
RATIONIS LUMINE |
MONITOPEDIA |
Supplemento Enciclopedico del MONITORE NAPOLETANO |
Fondato nel 2012 |
Strage di Ustica (DC 9 Itavia) |
![]() |
Martedì 29 Gennaio 2013 10:55 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La strage di Ustica fu un disastro aereo in cui persero la vita 81 persone nel cielo tra le isole di Ustica e Ponza, venerdì 27 giugno 1980, quando l'aereo di linea Douglas DC-9, codice I-TIGI[1], decollato dall'Aeroporto di Bologna, appartenente alla compagnia aerea italiana Itavia, si squarciò in volo all'improvviso e scomparve in mare. Dopo oltre trent'anni di inchieste, molti aspetti di questo disastro, tra i quali le cause stesse, non sono ancora stati chiariti.[2][3] La compagnia Itavia, già pesantemente indebitata[4] malgrado l'appoggio della DC[5], cessò le operazioni il 10 dicembre, il 12 dicembre le fu revocata la licenza di operatore aereo (su rinuncia della stessa compagnia), e nel giro di un anno si aprì la procedura di fallimento[4]. I procedimenti giudiziari per alto tradimento intentati contro alcuni vertici militari italiani che avrebbero ostacolato le indagini si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati, mentre un procedimento presso il tribunale di Palermo ha visto la condanna dei ministeri dei trasporti e della difesa al pagamento di un risarcimento ai familiari delle vittime. Le tesi dibattute sulla strage di Ustica negli anni si sono suddivise principalmente fra l'ipotesi di un coinvolgimento internazionale (in particolare francese, libico e statunitense), di un cedimento strutturale o di un attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo[6]), supponendo l'esistenza di un collegamento con la strage di Bologna, avvenuta soltanto 35 giorni dopo, e dal cui aeroporto era decollato l'aereo dell'Itavia. Nel 2007 l'ex-presidente della Repubblica Cossiga, all'epoca della strage presidente del Consiglio, ha attribuito la responsabilità del disastro a un missile francese «a risonanza e non ad impatto» destinato ad abbattere l'aereo su cui si sarebbe trovato il dittatore libico Gheddafi.[7] Ricostruzione dell'accaduto
Il recupero delle salme e gli esami autopticiLe vittime del disastro furono ottantuno, di cui tredici bambini, ma furono ritrovate e recuperate solo trentotto salme. La Procura di Palermo conferì molteplici incarichi e dispose l'ispezione esterna di tutti i cadaveri rinvenuti, e l'autopsia completa di 7 cadaveri, richiedendo[12]:
Sulle sette salme di cui fu disposta l'autopsia furono riscontrati sia grandi traumi da caduta (a livello scheletrico e viscerale), sia lesioni enfisematose polmonari da decompressione (tipiche di sinistri in cui l'aereo si apre in volo e perde repentinamente la pressione interna).[13] Nelle perizie gli esperti affermarono che l'instaurarsi degli enfisemi da depressurizzazione precedette cronologicamente tutte le altre lesioni riscontrate, ma non causò direttamente il decesso dei passeggeri facendo loro perdere solo conoscenza. La morte sopravvenne soltanto in seguito, a causa di traumi fatali, riconducibili, assieme alla presenza di schegge e piccole parti metalliche in alcuni dei corpi, a reiterati urti con la struttura dell'aereo in caduta e, in ultima analisi, all'impatto del DC9 con l'acqua[14]. La ricerca tossicologica dell'ossido di carbonio e dell'acido cianidrico (residui da combustione) fu negativa nel sangue e nei polmoni. Il controllo radiografico risultò positivo su cinque cadaveri. Precisamente furono riscontrati:
Era comunque da escludere, per le caratteristiche morfologiche e dimensionali e per la esperienza dei periti in tema di lesività da esplosione, la provenienza dei minuscoli corpi estranei da frammentazione di involucro di un qualsiasi ordigno esplosivo[15]. Nessuna delle salme presentava segni di ustione o di annegamento[16]. Scatola nera e comunicazioni radio
Il flight data recorder (FDR) dell'aereo[17] aveva registrato dati di volo assolutamente regolari: prima della sciagura la velocità era di circa 323 nodi, la quota circa 7 630 m (25 000 piedi) con prua a 178°, l'accelerazione verticale oscillava senza oltrepassare 1,15 g. La registrazione del tranquillo dialogo tra il comandante Domenico Gatti e il copilota, che si raccontavano barzellette, restituito dal cockpit voice recorder (CVR), si interruppe improvvisamente e senza alcun segnale allarmante che precedesse la troncatura. Gli ultimi secondi dal CVR:
La registrazione si era fermata tagliando l'ultima parola. Questo particolare potrebbe indicare un'improvvisa interruzione dell'alimentazione elettrica. Le ipotesiLe principali ipotesi sulle quali gli inquirenti hanno indagato sono[18]:
A partire dalla succitata prima ipotesi, negli anni si è affermata la tesi di un complotto internazionale: sebbene dagli enti militari, nazionali e alleati, non sia mai giunta alcuna segnalazione di anomalie (che pure è stato ipotizzato possano essere state occultate[20]), né sul relitto sia mai stato trovato alcun frammento di missile, ma soltanto tracce di esplosivo, si sarebbe determinato uno scenario di guerra aerea, nel quale il DC-9 Itavia si sarebbe trovato per puro caso, mentre era in volo livellato sulla rotta Bologna-Palermo[21]. L'occultamento[20],[22] e la distruzione[23],[24] di alcuni registri (Marsala[25], Licola[26], Grosseto[27]) e di alcuni nastri radar (Marsala, Grosseto) che registrarono il tracciato del volo DC-9 IH870, a fronte delle prove prodotte da altri analoghi registri e nastri non occultabili e non distrutti (Fiumicino[28], Satellite russo[29]), vengono portati a sostegno di tale ipotesi[30]. Si è testificato che se il disastro avesse avuto cause chiare (difetto strutturale o bomba) non sarebbe stato necessario occultare e distruggere prove di primaria importanza sul volo, come è stato stabilito dalle conclusioni della sentenza nel Procedimento Penale Nr. 527/84 A G.I.[31]. I dati di volo distrutti e recuperati da altre fonti nazionali e internazionali[20], l'allarme generale della difesa aerea, lanciato da due piloti dell'aeronautica militare italiana, potrebbero confermare la tesi accusatoria secondo la quale l'aereo DC-9 Itavia del volo IH870 attorno al quale volavano almeno tre aerei, dei quali uno a velocità supersonica[32], sia stato abbattuto[33], da un aereo che volava a velocità supersonica[28], tesi proposta per la prima volta dall'esperto del National Transportation Safety Board, John Macidull[34]. Le indaginiSul caso Ustica la magistratura italiana ha prodotto enormi sforzi: venti anni di indagini, migliaia di cartelle di atti: al processo di primo grado si giunse con due milioni di pagine di istruttoria, 4 000 testimoni, 115 perizie, un’ottantina di rogatorie internazionali e 300 miliardi di lire di sole spese processuali[35] e quasi trecento udienze processuali.[36] Restano ancora incerte le cause del disastro. Le indagini vennero avviate immediatamente sia dalla magistratura sia dal Ministero dei Trasporti, all'epoca ministro Formica. Aprirono un procedimento le procure di Palermo, Roma e Bologna, mentre il ministro dei trasporti nominò una commissione d'inchiesta tecnico-formale diretta dal dottor Luigi Luzzatti, che però non concluse mai i suoi compiti, visto che, dopo aver presentato due relazioni preliminari, decise per l'autoscioglimento nel 1982 a causa di insanabili contrasti di attribuzioni con la magistratura. Formica finì con l'adeguarsi alla tesi prevalente, che l'aereo era precipitato per un cedimento strutturale dovuto alla cattiva manutenzione. Il 10 dicembre 1980 Itavia interrompe l'attività, mentre ai dipendenti non veniva più fornito lo stipendio. Il Ministero dei Trasporti il 12 dicembre 1980 revocò all'Itavia le concessioni per l'esercizio dell'attività, su rinuncia della stessa compagnia aerea.[37] Dal 1982 l'indagine divenne, di fatto, di esclusiva competenza della magistratura nella persona del giudice istruttore Bucarelli. La ricerca delle cause dell'incidente, nei primi anni e senza disporre del relitto, non permise di raggiungere ragionevoli certezze. Tracce di esplosiviSui pochi resti disponibili i periti rinvennero tracce di esplosivi. Nel 1982 una perizia eseguita da parte di esperti dell'aeronautica militare italiana, trovò solo T4, esplosivo plastico presente nelle bombe. Nella relazione della Direzione laboratori dell'A.M. - IV Divisione Esplosivi e Propellenti (Torri) del 5 ottobre 1982 (parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, capitolo III della sentenza ordinanza del giudice istruttore) la causa dell'incidente viene individuata nella detonazione di una massa di esplosivo presente a bordo del velivolo, in ragione della rilevata presenza su alcuni reperti di tracce di T4, e dell'assenza di tracce di TNT[38]. La perizia dell’Aeronautica Militare venne seguita da una controperizia dell'accusa[39]. La seconda repertazione, nel 1987, trovò T4 e TNT su di un frammento dello schienale nº 2 rosso[40]: la Perizia chimica Malorni Acampora del 3 febbraio 1987 (disposta dal giudice istruttore nel corso della perizia Blasi: parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, capitolo IV pag. 1399 e ss. della sentenza ordinanza del giudice istruttore) rileva la presenza chiara e inequivocabile sia di T4 che di TNT (sempre nel frammento dello schienale nº 2 rosso), miscela la cui presenza è tipica degli ordigni esplosivi[38][41]. Queste componenti di esplosivi, solitamente presenti nelle miscele di ordigni esplosivi, hanno indebolito l'ipotesi di un cedimento strutturale, come era stato ipotizzato il 28 gennaio 1981 da una commissione nominata dal ministro dei trasporti Formica[42]. L'acclarata presenza di esplosivi indeboliva l'ipotesi di cedimento strutturale, tanto più per cattiva manutenzione. Ciò aprì, in epoche successive, spiragli per richieste di risarcimenti a favore dell'Itavia (cui tuttavia il ministro dei Trasporti Formica aveva revocato la concessione dei servizi aerei di linea per il pesante passivo dei conti, non per il disastro). Secondo le rivelazioni di due cablogrammi (cable) (03ROME2887[43] e 03ROME3199[44]) pubblicati sul sito WikiLeaks, l’allora ministro per le relazioni con il parlamento, Carlo Giovanardi, difese in Parlamento la versione della bomba, paragonandola a quella della strage di Lockerbie[45], per tentare di negare le responsabilità americane[46]. Ma in un'intervista rilasciata ad AgoraVox Italia Giovanardi smentisce la versione dell'ambasciata statunitense in cui si legge che lo stesso avrebbe espresso la sua volontà di "mettere a tacere" le ipotesi sulla strage di Ustica[47][48]. Le esternazioni di Carlo Giovanardi al Museo della Memoria di Ustica, sono state contraddette dal Presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica[49] Il recupero del relittoNel 1987 l'allora ministro del Tesoro Giuliano Amato stanziò i fondi per il recupero del relitto del DC-9, che giaceva in fondo al mar Tirreno. La profondità di 3700 metri alla quale si trovava il relitto rendeva complesse e costose le operazioni di localizzazione e recupero. Pochissime erano le imprese specializzate che disponevano delle attrezzature e dell'esperienza necessarie: la scelta ricadde sulla ditta francese Ifremer (Institut français de recherche pour l'exploitation de la mer, Istituto di ricerca francese per lo sfruttamento del mare), che il giudice Priore avrebbe poi ritenuto collegata ai servizi segreti francesi[50]. Sulla conduzione dell'operazione di recupero effettuata dai DSRV della Ifremer, che portò in superficie la maggior parte della cellula dell'aeromobile, scaturirono molti dubbi, principalmente sui filmati consegnati in copia e sul fatto che l'ispezione al relitto documentata dalla ditta francese fosse davvero stata la prima.[51] Le difficoltà tecniche, i problemi di finanziamento e le resistenze esercitate da varie delle parti interessate contribuirono a rimandare il recupero per molti anni.[52] Alla fine due distinte campagne di recupero, nel 1987 e nel 1991, consentirono di riportare in superficie circa il 96% del relitto del DC-9; si specifica che è stato recuperato l'85% della superficie bagnata dell'aereo[53] Il relitto venne ricomposto in un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare, dove rimase a disposizione della magistratura per le indagini fino al 5 giugno 2006, data in cui fu trasferito e sistemato, grazie al contributo dei Vigili del Fuoco di Roma[54], nel Museo della Memoria, approntato appositamente a Bologna. In relazione a tale trasferimento e conseguente sistemazione, venne pubblicato un articolo nella rivista "Obiettivo sicurezza" dei Vigili del Fuoco, sul loro contributo al trasporto dei rottami dell'aereo. Il serbatoio esterno di un aereo militareMolto interesse destò nell'opinione pubblica il rinvenimento il 10 maggio 1992, durante la seconda campagna di recupero al limite orientale della zona di ricerca (zona D),[55] di un serbatoio esterno sganciabile di un aereo militare schiacciato e frammentato, ma completo di tutti i pezzi. Tali serbatoi esterni generalmente vengono sganciati in caso di pericolo o più semplicemente di necessità (ad esempio in fase di atterraggio) per aumentare la manovrabilità dell'apparecchio. Il serbatoio fu recuperato il 18 maggio[55] e fu sistemato a Pratica di Mare con gli altri reperti. Lungo 3 metri, per una capienza di 300 U.S. gal (1135 litri) di combustibile, presentava i seguenti dati identificativi:
Era stato quindi prodotto negli Stati Uniti dalla Pastushin Aviation Company di Huntington Beach, Los Angeles, California, poi Pavco,[56] oppure all'estero su licenza, ed era possibile installarlo su almeno 4 modelli di aerei: MD F-4 Phantom, Northrop F-5, F-15 Eagle, Vought A-7 Corsair II. Gli Stati Uniti, interpellati dagli inquirenti, risposero che dopo tanti anni non era loro possibile risalire a date e matricole per stabilire se e quando il serbatoio fosse stato usato in servizio dall'Aviazione o dalla Marina degli Stati Uniti.[55] Anche le autorità francesi furono interpellate e risposero di non aver mai acquistato o costruito su licenza serbatoi di quel tipo[56]; fornirono inoltre copie dei libri di bordo di quel periodo delle portaerei della Marine nationale Clemenceau e Foch.[57] Gli oblò del DC-9Buona parte degli oblò del DC-9, malgrado l'esplosione, sono rimasti integri, perciò secondo i periti, questo fatto escluderebbe che l'esplosione sia avvenuta a causa di una bomba messa all'interno dell'aereo[58]. La Commissione StragiNel 1989 la Commissione Stragi, istituita l'anno precedente e presieduta dal senatore Libero Gualtieri, deliberò di inserire tra le proprie competenze anche le indagini relative all'incidente di Ustica, che da quel momento divenne pertanto, a tutti gli effetti, la Strage di Ustica. L'attività istruttoria della Commissione determinò la contestazione di reati a numerosi militari in servizio presso i centri radar di Marsala e Licola[59]. Per undici anni i lavori si susseguirono, interessando i vari governi del tempo e le autorità militari. Come riportato esplicitamente nelle considerazioni preliminari dell'inchiesta del giudice Priore[60], sin dalle prime fasi gli inquirenti mossero accuse di scarsa collaborazione e trasparenza da parte di, come definito: "soggetti che a vario titolo hanno tentato di inquinare il processo, e sono riusciti nell’intento per anni". Venne coniato il termine muro di gomma, divenuto poi il termine utilizzato per descrivere il comportamento delle istituzioni nei confronti delle ricostruzioni che attribuivano la causa del disastro aereo di Ustica ad un'azione militare. Dopo cinque mesi, infatti, venne presentata una secca ed essenziale ricostruzione da parte dei due esperti Rana e Macidull, che affermavano con certezza che si era di fronte ad un abbattimento causato da un missile. La ricostruzione non venne presa in seria considerazione dal governo presieduto dall'onorevole Francesco Cossiga, che assunse un orientamento diverso e non fu disposto a modificarlo. Il presidente della società Itavia, Aldo Davanzali, per aver condiviso la tesi del missile, fu indiziato del reato di diffusione di notizie atte a turbare l'ordine pubblico, su iniziativa del giudice romano Santacroce a cui era affidata l'inchiesta sul disastro. L'ex ministro Rino Formica, ascoltato dalla Commissione, dichiarò di ritenere verosimile l'ipotesi di un missile, già da lui sostenuta in un'intervista all'Espresso del 1988: a suo dire, a convincerlo tempestivamente che il DC-9 era stato abbattuto da un missile era stato il generale Saverio Rana, presidente del Registro Aeronautico, il quale all'indomani della sciagura, dopo un primo esame dei dati radar, avrebbe detto al ministro dei Trasporti che l'aereo dell'Itavia era stato attaccato da un caccia ed abbattuto con un missile. Per Formica, il generale Rana - nel frattempo morto per tumore - era «un compagno, un amico» nel quale aveva piena fiducia[61]. In seguito all'intervista all'Espresso, interrogato dalla commissione parlamentare sulle stragi, Formica disse di aver parlato dopo l'incidente solo col ministro della Difesa Lelio Lagorio delle informazioni avute da Rana, anche se non era andato oltre, trattandosi non di certezze ma di opinioni ed intuizioni; ma Lagorio, il 6 luglio 1989, davanti alla stessa commissione, nel confermare che Formica gli parlò del missile, commentò: «Mi parve una di quelle improvvise folgorazioni immaginifiche e fantastiche per cui il mio caro amico Formica è famoso»[62]. Il 27 maggio 1990 i periti, hanno concluso che si tratta di un missile e non di una bomba a bordo. Malgrado ciò gli esperti dell'aeronautica militare italiana che hanno partecipato alla superperizia, in qualità di consulenti di parte, continuano a sostenere la tesi della bomba[63]. Le indagini successiveAnche gli inquirenti denunciarono esplicitamente che il sostanziale fallimento delle indagini fosse dovuto a estesi depistaggi ed inquinamenti delle prove, operati da soggetti ed entità molteplici, come riportano i passi introduttivi del Procedimento Penale Nr. 527/84 A G.I.
Per questa ipotesi investigativa, assieme alle indagini per la ricerca delle cause si sovrapposero le indagini per provare quegli inquinamenti e quei depistaggi. Il registro del radar di Marsala(a velocità doppia) degli ultimi minuti del volo. Il DC-9 è diretto a sud e vi è un vento a circa 200 km/h verso sud-est. Si notino i due echi senza identificazione sulla sinistra: secondo alcuni periti si tratta della traccia di un aereo, secondo altri di falsi plot, errori del radar. La scritta "IH870" scompare con l'ultima risposta del transponder. Altri contatti su cui si sono concentrate le indagini sono i plot doppi dopo il disastro, sospettati di essere tracce di altri aerei in volo. Tali plot potrebbero anche essere stati determinati, si è ipotizzato, dalla struttura principale dell'aereo in caduta e da fenomeni di chaffing causati da frammenti, anche se restano i dubbi per i plot ad ovest del punto di caduta in quanto sopravvento e quindi difficilmente attribuibili a rottami che cadono nel letto del forte vento di Maestrale (che proviene appunto da Nord-Ovest e spinge verso Sud-Est). Durante le indagini si appurò che il registro dell’IC, cioè del guida caccia Muti del sito radar di Marsala, aveva una pagina strappata nel giorno della perdita del DC-9[25]. Il pubblico ministero giunse quindi alla conclusione che fosse stata sottratta la pagina originale del 27 giugno e se ne fosse riscritta poi, nel foglio successivo, una diversa versione. Durante il processo, la difesa contestò questa conclusione e affermò che la pagina mancante non sarebbe stata riferita al giorno della tragedia, ma alla notte tra il 25 e il 26 giugno. L'analisi diretta della Corte concluse che la pagina tra il 25 e il 26 era stata tagliata, come osservato dalla difesa, ma quella che riguarda la sera del 27 giugno era recisa in modo estremamente accurato, così che fosse difficile accorgersene (il particolare era infatti sfuggito all'avvocato difensore). La numerazione delle pagine non aveva invece interruzioni ed era quindi posteriore al taglio. Interrogato a questo proposito, il sergente Muti, l'IC in servizio quella sera a Marsala non fornì alcuna spiegazione («Non so cosa dirle»). La difesa riconobbe in seguito che la pagina del registro dell’IC, cioè del guida caccia Muti in servizio il 27 giugno, era stata effettivamente rimossa dal registro.[65] Il registro del radar di LicolaIl centro radar di Licola[26] è il più vicino al punto del disastro. All'epoca era di tipo fonetico-manuale: nella sala operativa del sito, le coordinate delle tracce venivano comunicate a voce dagli operatori seduti alle console radar ad altri operatori, che le disegnavano stando in piedi dietro un pannello trasparente. Parallelamente tali dati venivano scritti da altri incaricati sul modello "DA 1". Il "DA 1" del 27 giugno 1980 non fu mai ritrovato[24][66]. Altre tracce radarSono presenti tracciati radar di numerose stazioni radar civili nazionali e militari internazionali[67]. Aeroporto di GrossetoIl giudice istruttore e la Commissione stragi sono in possesso dei tracciati del radar di Grosseto (Poggio Ballone)[68]: nelle registrazioni del radar dell'aeroporto di Grosseto si vedono due aerei supersonici, probabilmente libici, che volavano in direzione sud verso nord, sulla rotta del DC-9 Itavia. Mentre due caccia, probabilmente francesi, provenienti dalla Corsica, sono giunti sul posto alcuni minuti dopo l'abbattimento dell'aereo civile italiano[69]. I nastri con le registrazioni radar del centro della Difesa aerea di Poggio Ballone (Grosseto) sarebbero spariti. Cio' che rimane sono soltanto alcune trasposizioni su carta di poche tracce[27] Aeroporto di CiampinoIl radar di Ciampino, vede la manovra d'attacco al DC-9[70]. Aeroporto di FiumicinoIl radar dell'Aeroporto di Roma-Fiumicino, registra il volo del DC-9 Itavia del 27 giugno 1980, dalle ore 20,58 alle 21,02[28]. AWACSIn quelle ore, un aereo radar AWACS, un quadrireattore Boeing E-3A Sentry, dell'USAF, uno degli unici due due presenti in Europa nel 1980, basati a Ramstein Germania dall'Ottobre del 1979, risulta orbitante con rotta circolare nell'area a Nord di Grosseto[68]. Dotato dell’avanzatissimo radar 3D Westinghouse AN/APY-1 con capacità “Look down", in grado di distinguere i velivoli dagli echi del terreno, era in condizione di monitorare tutto il traffico, anche di bassa quota, per un raggio di 500 km. Portaerei SaratogaL'ammiraglio James Flatley al comando della portaerei USS Saratoga della US Navy, ancorata il 27 giugno 1980 nel golfo di Napoli, dopo aver inizialmente dichiarato che "dalla Saratoga non fu possibile vedere nulla perché tutti i radar erano in manutenzione", pressato dai media per questa incredibile affermazione, alla fine ammise in un'intervista che nonostante fosse in corso una manutenzione dei radar, con uno di essi in funzione era stato possibile notare che «il traffico aereo era molto sostenuto nell'area di Napoli, soprattutto in quella meridionale. Sul radar abbiamo visto passare moltissimi aerei.» Registrati intorno al DC-9 in volo, almeno 11 velivoli[71],[72]. I registri radar della Saratoga sono andati persi.[73]. Secondo altre indicazioni, la portaerei americana Saratoga non sarebbe stata in rada a Napoli il 27 giugno 1980[74]. Civilavia e Centro BologneseCivilavia e Centro bolognese si occupavano di registrare tutti i voli nazionali ed internazionali civili, commerciali e militari per poi procedere alla stampa e alla fatturazione dei costi di ogni passaggio aereo a ciascuna compagnia o società. I nastri con le registrazioni dei voli, decrittati e stampati, sono stati acquisiti dal giudice istruttore[75]. Satellite russoNell'aprile del 1993 il generale Yuri Salimov, dei servizi russi, rivela di aver seguito i fatti di Ustica attraverso un radar russo basato in Libia che, attraverso l'ausilio satellitare, era in grado di monitorare il mar Tirreno meridionale: «Vidi quel missile USA colpire per errore il DC-9»[76],[77],[29]. Il rinvio a giudizioAlla luce di queste anomalie inspiegate[78] e delle risposte, da parte del personale dei due siti radar di Marsala e Licola, ritenute insoddisfacenti[79], il 28 giugno 1989 il giudice Bucarelli accolse la richiesta del procuratore Santacroce e rinviò a giudizio per falsa testimonianza aggravata e concorso in favoreggiamento personale aggravato, ventitré tra ufficiali e avieri in servizio il giorno del disastro[80],[81]. L'ipotesi accusatoria fu che i militari, con una vasta operazione di occultamento delle prove e di depistaggio, avrebbero tentato di nascondere una battaglia tra aerei militari, nel corso della quale il DC-9 sarebbe precipitato. Telefonata anonima a Telefono GialloNel 1988, l'anno prima, durante la trasmissione Telefono giallo di Corrado Augias, con una telefonata anonima qualcuno aveva dichiarato di essere stato «un aviere in servizio a Marsala la sera dell'evento della sciagura del DC-9». L'anonimo aveva riferito che i presenti come lui, avrebbero esaminato le tracce, i dieci minuti di trasmissione di cui parlavano nella puntata, dichiarando: «noi li abbiamo visti perfettamente. Soltanto che il giorno dopo, il maresciallo responsabile del servizio ci disse praticamente di farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella vicenda. [...] la verità è questa: ci fu ordinato di starci zitti»[82]. Scontro aereo tra cacciaIn un articolo dal titolo Battaglia aerea poi la tragedia[83], pubblicato dal quotidiano L'Ora il 12 febbraio 1992, il giornalista Nino Tilotta affermò che l'autore della telefonata sarebbe stato in effetti in servizio allo SHAPE di Mons, in Belgio, e che avrebbe detto in trasmissione di essere a Marsala per non farsi riconoscere. Avrebbe rivelato la sua identità rilasciando l'intervista anni dopo essere andato in pensione in quanto, come aveva affermato, non si sentiva più vincolato dall'obbligo di mantenere il segreto militare. L'articolo parlava di uno scontro aereo avvenuto tra due caccia F-14 Tomcat della US Navy ed un MiG-23 libico. Secondo questa versione, il SISMI all'epoca comandato dal generale Giuseppe Santovito avrebbe avvertito gli aviatori libici di un progetto di attaccare sul Mar Tirreno l'aereo nel quale Gheddafi andava in Unione Sovietica. Sembra che i progettisti di questa azione di guerra siano da ricercare tra quelli indicati dall' ammiraglio Martini, e cioè tra francesi e americani. In seguito alla spiata del SISMI l'aereo che trasportava Gheddafi, arrivato su Malta, tornò indietro, mentre altri aerei libici proseguivano la rotta[84]. Testimonianze americane24 ore dopo il disastro del DC-9, l'addetto militare aeronautico americano Joe Bianckino, dell'ambasciata americana a Roma, organizzò una squadra di esperti, formata da William McBride, Dick Coe, William McDonald e il direttore della CIA a Roma, Duane Clarridge, il colonnello Zeno Tascio, responsabile del SIOS (servizio segreto aeronautica militare italiana) insieme a due ufficiali italiani. Il giorno successivo alla strage Joe Bianckino era già in possesso dei tabulati radar e i suoi esperti li avevano sottoposti ad analisi. John Tresue, esperto missilistico del Pentagono, affermò, durante il suo interrogatorio come testimone, che gli furono consegnate dopo la sciagura, diverse cartelle con i tabulati dei radar militari; John Tresue informò il Pentagono, che ad abbattere il DC-9 era stato un missile[85]. Il 25 novembre 1980, John Macidull, un esperto americano del National Transportation Safety Board, analizzò il tracciato radar dell'aeroporto di Fiumicino e si convinse che, al momento del disastro, accanto al DC-9 volava un altro aereo. Macidull disse che il DC-9 era stato colpito da un missile lanciato dal velivolo che era stato rilevato nelle vicinanze, velivolo non identificato in quanto aveva volontariamente spento il dispositivo di riconoscimento (transponder). Tale aereo, secondo Macidull, attraversava la zona dell’incidente da Ovest verso Est ad alta velocità, tra 300 e 550 nodi, nello stesso momento in cui si verificava l’incidente al DC-9, ma senza entrare in collisione[86][34][87]. Testimonianze libicheNel 1989 l'agenzia di stampa libica Jana preannunciò la costituzione di un comitato supremo d'inchiesta sulla strage di Ustica: Tale decisione è stata presa dopo che si è intuito che si è trattato di un brutale crimine commesso dagli USA, che hanno lanciato un missile contro l' aereo civile italiano, scambiato per un aereo libico a bordo del quale viaggiava il leader della rivoluzione[88]. Il traffico aereoDiversi elementi portarono gli inquirenti ad indagare sull'eventuale presenza di altri aerei coinvolti nel disastro.
Intensa attività militareSuccessivamente, all'inizio dell'agosto 1980, oltre a vari relitti furono ritrovati in mare anche due salvagenti e un casco di volo della marina americana; a settembre, presso Messina, si rinvennero frammenti di aerei bersaglio italiani, che sembrano però risalenti a esercitazioni terminate nel gennaio dello stesso anno. Questi dati evidenziano che nell'area tirrenica, in quel periodo del 1980, si svolgeva un'intensa attività militare. Inoltre, benché molti di questi fatti, se presi singolarmente, appaiano in relazione diretta con la caduta del DC-9, si è notata da alcuni la coincidenza temporale dell'allarme degli F-104 italiani su Firenze, al momento del passaggio del DC-9, dell'esistenza di tracce radar non programmate che transitano ad oltre 600 nodi in prossimità dell'aereo civile, della pluritestimonianza dell'inseguimento tra aerei da caccia sulla costa calabra[101] ed, infine, delle attività di ricerca, in una zona a 20 miglia ad est del punto di caduta, effettuate da velivoli non appartenenti al Soccorso aereo Italiano. Due aerei militari italiani danno l'allarmeDue F-104 del 4º Stormo dell'aeronautica militare italiana, di ritorno da una missione di addestramento sull'aeroporto di Verona-Villafranca, mentre effettuavano l'avvicinamento alla base aerea di Grosseto si trovarono in prossimità del DC-9 Itavia. Uno era un F-104 monoposto, con un allievo ai comandi; l'altro, un TF 104 G biposto, ospitava due istruttori, i comandanti Mario Naldini e Ivo Nutarelli. Alle ore 20:24, all'altezza di Firenze-Peretola, il biposto con a bordo Naldini e Nutarelli, mentre era ancora in prossimità dell'aereo civile, emise un segnale di allarme generale alla Difesa Aerea (codice 73, che significa emergenza generale e non emergenza velivolo) e nella registrazione radar di Poggio Ballone «il SOS-SIF è [...] settato a 2, ovvero emergenza confermata, ed il blink è settato ad 1, ovvero accensione della spia di Alert sulle consolles degli operatori»[102] – in italiano: «il segnale di allarme-SIF (Selective Identification Feature, caratteristica di identificazione selezionabile) è posizionato su 2, ossia emergenza confermata, ed il lampeggìo è posizionato su 1, ossia accensione della spia di allarme sulla strumentazione degli operatori» – quindi risulta che Naldini e Nutarelli segnalarono un problema di sicurezza aerea e i controllori ottennero conferma della situazione di pericolo. I significati di tali codici, smentiti o sminuiti di importanza da esperti dell'aeronautica militare italiana sentiti in qualità di testi, furono invece confermati in sede della Commissione ad hoc della NATO, da esperti dell'NPC (NATO Programming Center)[103]. Hanno scritto difatti costoro nel loro rapporto del 10 marzo 1997:
L'aereo ripeté per ben tre volte la procedura di allerta, a conferma inequivocabile dell'emergenza. Né l'aeronautica militare italiana né la NATO hanno mai chiarito le ragioni di quell'allarme. Il MiG-23 precipitato in Calabria
Il 18 luglio un MiG-23MS della l'Aeronautica militare libica venne ritrovato sui monti della Sila in zona Timpa delle Magare, nell'attuale comune di Castelsilano, crotonese (allora in provincia di Catanzaro), in Calabria, dalla popolazione locale.[104][105][106] Il fatto è stato posto dal Giudice Istruttore in relazione con gli avvenimenti riguardanti il DC-9 Itavia, in quanto secondo alcune prove indiziarie e le testimonianze depositate ed agli atti di diversi militari in servizio in quel periodo, tra le quali quelle del caporale Filippo Di Benedetto e dei suoi commilitoni del battaglione "Sila" [107], del 67esimo battaglione Bersaglieri "Persano" e del 244esimo battaglione fanteria "Cosenza" [108] [109], sostenenti di aver effettuato servizi di sorveglianza al MiG-23 non a Luglio, bensì a fine Giugno 1980, suggerirebbero che questo aereo non sia caduto il giorno in cui fu dichiarato il ritrovamento dalle forze dell'ordine (18 luglio), ma che addirittura fosse precipitato la stessa sera della strage, il 27 Giugno 1980, e che pertanto il caccia libico potesse essere stato protagonista, diretto od indiretto, della caduta dell'aereo civile italiano. Inoltre le testimonianze depositate dei sottufficiali De Giosa Nicola e Linguanti Giulio, affermanti che "La fusoliera del MiG era foracchiata come se fosse stata mitragliata... erano sette od otto fori da 20 mm... ritenni che si trattasse di colpi di cannoncino...", sono un ulteriore conferma che quel MiG cadde in circostanze non ancora chiare, ma in ogni caso diverse da quanto ufficialmente dichiarato.[110] La tesi della bombaIl giorno dopo il disastro, alle 12:10, una telefonata al Corriere della Sera annunciò a nome dei Nuclei Armati Rivoluzionari, un gruppo terrorista neofascista, che l'aereo era stato fatto esplodere con una bomba da loro posta nella toilette[111], da uno dei passeggeri: tal Marco Affatigato (imbarcato sotto falso nome), membro dei NAR che - invece - era in quei mesi al servizio dell'intelligence francese e che, nel settembre dello stesso anno, rientrato in Italia, venne rinchiuso nel carcere di Ferrara. Affatigato, però, sconfessò rapidamente la telefonata: per rassicurare la madre chiese alle Digos di Palermo e di Lucca di smentire la notizia della sua presenza a bordo dell'aereo precipitato. Circa un mese dopo ci fu la strage di Bologna. In entrambi i casi, Bologna era la città in cui avevano colpito i NAR e per tutti e due i casi Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ai vertici del gruppo terrorista, smentirono un coinvolgimento dell'organizzazione negli eventi, come la smentì il colonnello Amos Spiazzi dopo aver conosciuto in carcere Marco Affatigato. Vi fu quindi chi ipotizza un depistaggio nel depistaggio, ovvero che la strage di Bologna sia servita ad avvalorare la tesi della bomba dei NAR collocata all'interno dell'aereo. La tesi della bomba avrebbe diviso anche i periti incaricati dal giudice Vittorio Bucarelli di analizzare i resti ripescati dal fondale marino: un primo momento li vide concordi all'unisono circa il missile; successivamente, due dei cinque tecnici avrebbero cambiato versione propendendo per la bomba. La bomba sarebbe stata collocata durante la sosta nell'aeroporto di Bologna, nella toilette posteriore dell’aereo. La perizia sulle suppellettili del gabinetto hanno trovato intatta la tavoletta del water e il lavandino: inoltre secondo gli specialisti britannici del Dra di Halstead, nessuno dei pezzi della toilette, water e lavandino è scheggiato da residui di esplosivo[112]. Inoltre il giudice si chiese come fosse possibile mettere una bomba su un aereo che è partito con due ore di ritardo e avere la certezza che esploderà in volo, invece che a terra. I dialoghi registratiAlle 20:58 di quella sera, in un dialogo tra due operatori radar a Marsala, nella registrazione si sente uno dei due esclamare:
e poco dopo anche:
Alle 22:04 a Grosseto gli operatori radar non si erano accorti che il contatto radio con Ciampino era rimasto aperto e che le loro voci venivano registrate. Nella registrazione si sente:
e quindi:
Alle 22:05, al centro radar di Ciampino, parlando dell'omologo di Siracusa:
ed anche:
I nastri telefonici e le testimonianze in aula
Nel 1991 gli inquirenti entrarono in possesso di una piccola parte dei nastri delle comunicazioni telefoniche fatte quella notte e la mattina seguente. La maggior parte di tali nastri è andata perduta, in quanto erano stati riutilizzati sovraincidendo le registrazioni. Dall'analisi dei dialoghi saltò fuori che la prima ipotesi fatta dagli ufficiali dell'aeronautica militare italiana era stata la collisione e che in tal senso avevano intrapreso azioni di ricerca di informazioni, sia presso vari siti dell'aeronautica sia presso l'ambasciata USA a Roma.[113] Più volte si parlava di aerei americani che "razzolano", di esercitazioni, di collisione ed esplosione, di come ottenere notizie certe al riguardo. Tutto il personale che partecipava alle telefonate venne identificato tramite riconoscimenti e incrocio di informazioni. Solo dopo il rinvenimento di quei nastri si ammise per la prima volta di aver contattato l'ambasciata USA o di aver parlato di "traffico americano"; prima era sempre stato negato. Le spiegazioni fornite dagli interessati durante deposizioni e interrogatori contrastano comunque con il contenuto delle registrazioni o con precedenti deposizioni.
Una volta fatta ascoltare in aula la telefonata all'ambasciata, Guidi affermò di non riconoscere la propria voce nella registrazione e ribadì che non ricordava la telefonata. Nel 1991 affermava: - «Quella sera non si fece l'ipotesi della collisione.» e ancora «Non mi risulta che qualcuno mi abbia parlato d'intenso traffico militare [...]. Se fossi stato informato di una circostanza come quella dell'intenso traffico militare, avrei dovuto informare nella linea operativa l'ITAV, nella persona del capo del II Reparto, ovvero: Fiorito De Falco.» Nel nastro di una telefonata delle 22.23 Guidi informò espressamente il suo diretto superiore, colonnello Fiorito De Falco, sia del traffico americano, sia di un'ipotesi di collisione, sia del contatto che si cercava di stabilire con le forze USA. Ma nella deposizione dell'ottobre 1991, anche il generale Fiorito De Falco affermava: - «[...] Guidi non mi riferì di un intenso traffico militare.» Le morti sospette secondo l'inchiesta Priore
Per due dei 12 casi di decessi sospetti permangono indizi di relazione al caso Ustica[114]:
Gli altri casi presi in esame dall'inchiesta, sono:
Il processo della strage di Ustica
Il Processo sulle Cause e sugli Autori della Strage in realtà non è mai stato effettuato in quanto l'Istruttoria relativa definirà "Ignoti gli autori della strage" e concluderà con un non luogo a procedere nel 1999. (ref. "L'istruttoria Priore") Il reato di strage non cade comunque in prescrizione per cui, se dovessero emergere nuovi elementi relativi, un eventuale processo potrà essere ancora condotto. Il processo complementare sui fatti di Ustica, per la parte riguardante i reati di depistaggio, imputati a carico di alti Ufficiali dell'Aeronautica Militare Italiana, è stato invece definitivamente concluso in Cassazione nel gennaio del 2007, con una sentenza che negava si fossero verificati depistaggi. L'istruttoria PrioreLe indagini si concludono il 31 agosto 1999, con l'ordinanza di rinvio a giudizio-sentenza istruttoria di proscioglimento, rispettivamente, nei procedimenti penali nº 527/84 e nº 266/90, un documento di dimensioni notevoli che, dopo anni di indagini, la quasi totale ricostruzione del relitto, notevole impiego di fondi, uomini e mezzi, esclude una bomba a bordo[120] e un cedimento strutturale,[121] circoscrivendo di conseguenza le cause della sciagura ad un evento esterno al DC-9.[122] Non si giunge però a determinare un quadro certo ed univoco di tale evento esterno. Mancano inoltre elementi per individuare i responsabili. «L'inchiesta», si legge nel documento, «è stata ostacolata da reticenze e false testimonianze, sia nell'ambito dell'aeronautica militare italiana che della NATO, le quali hanno avuto l'effetto di inquinare o nascondere informazioni su quanto accaduto»[123]. L'ordinanza-sentenza conclude:
Il processo in Corte di Assise sui presunti depistaggiIl 28 settembre 2000, nell'aula-bunker di Rebibbia appositamente attrezzata, inizia il processo sui presunti depistaggi, davanti alla terza sezione della Corte di Assise di Roma. Dopo 272 udienze e dopo aver ascoltato migliaia tra testimoni, consulenti e periti, il 30 aprile 2004, la corte assolve dall'imputazione di alto tradimento - per aver gli imputati turbato (e non impedito) le funzioni di governo - i generali Corrado Melillo e Zeno Tascio "per non aver commesso il fatto". I generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri vengono invece ritenuti colpevoli ma, essendo ormai passati più di 15 anni, il reato è caduto in prescrizione. Anche per molte imputazioni relative ad altri militari dell'Aeronautica Militare Italiana (falsa testimonianza, favoreggiamento, ecc.) viene dichiarata la prescrizione. Il reato di abuso d'ufficio, invece, non sussiste più per modifiche successive alla legge. La sentenza non soddisfa né gli imputati Bartolucci e Ferri, né la Procura, né le parti civili. Tutti, infatti, presentano ricorso in appello. Il processo in Corte di Assise d'Appello, sui depistaggiAnche il processo davanti alla Corte di Assise d'Appello di Roma, aperto il 3 novembre 2005, si chiude il successivo 15 dicembre con l'assoluzione dei generali Bartolucci e Ferri dalla imputazione loro ascritta perché il fatto non sussiste. La Corte rileva infatti che non vi sono prove a sostegno dell'accusa di alto tradimento. Le analisi condotte nella perizia radaristica Dalle Mese, sono state eseguite con «sistemi del tutto nuovi e sconosciuti nel periodo giugno-dicembre 1980» e pertanto non possono essere prese in considerazione per giudicare di quali informazioni disponessero, all'epoca dei fatti, gli imputati. In ogni caso la presenza di altri aerei deducibile dai tracciati radar non raggiunge in alcuna analisi il valore di certezza e quindi di prova. Non vi è poi prova che gli imputati abbiano ricevuto notizia della presenza di aerei sconosciuti o USA collegabili alla caduta del DC-9. Il ricorso in CassazioneLa Procura generale di Roma propose ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello del 15 dicembre 2005, e come effetto dichiarare che «il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato» anziché «perché il fatto non sussiste». La legge inerente l'alto tradimento venne infatti modificata con decreto riguardante i reati d'opinione l'anno successivo[124]. Il 10 gennaio 2007 la prima sezione penale della Cassazione ha assolto con formula piena i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri dichiarando inammissibile il ricorso della Procura generale e rigettando anche il ricorso presentato dal governo italiano[125]. La Cassazione in data 28 gennaio 2013 scrive e sentenzia che:
la tesi secondo la quale fu un missile ad abbattere l'aereo; pertanto la stessa condanna le amministrazioni dello stato a risarcire i parenti delle vittime che avevano presentato domanda in tal senso nel giugno del 2010 presso la Corte d’Appello di Palermo.[126] La Corte Suprema condanna, inoltre, lo stato italiano al pagamento di 100 milioni di €, nei confronti dei familiari delle vittime, confermando così la sentenza del settembre 2011 emessa dal Tribunale di Palermo, con questa motivazione:[127]
Le dichiarazioni di Cossiga: ipotesi francese e nuova inchiestaA ventotto anni dalla strage, la procura di Roma ha deciso di riaprire una nuova inchiesta a seguito delle dichiarazioni rilasciate nel febbraio 2007 da Francesco Cossiga. L'ex presidente della Repubblica, presidente del Consiglio all'epoca della strage, ha dichiarato che ad abbattere il DC-9 sarebbe stato un missile «a risonanza e non a impatto», lanciato da un velivolo dell'Aéronavale decollato dalla portaerei Clemenceau, e che furono i servizi segreti italiani ad informare lui e l'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato dell'accaduto.[128] In relazione a questa ipotesi, il giudice Priore dichiarò in un'intervista all'emittente francese France 2 che l'ipotesi più accreditata era che ci fosse un elemento militare francese[129]. Il giudizio di NapolitanoL'8 maggio 2010, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della Giornata della Memoria per le Vittime del Terrorismo, ha chiesto la verità sulla strage di Ustica. Poco prima Fortuna Piricò, vedova di una delle vittime della strage, aveva chiesto di «completare la verità giudiziaria che ha parlato di una guerra non dichiarata, di completarla definendo le responsabilità». Una richiesta che Napolitano ha appoggiato: «Comprendo il tenace invocare di ogni sforzo possibile per giungere ad una veritiera ricostruzione di quel che avvenne quella notte». Intorno a quella strage, Napolitano ha visto «anche forse intrighi internazionali, [...] opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato».[130][131] Poco tempo dopo, il 26 giugno 2010, in occasione del Trentennale del Disastro, il Presidente ha inviato un messaggio di cordoglio ai parenti delle vittime: «Il dolore ancora vivo per le vittime si unisce all'amara constatazione che le indagini svolte e i processi sin qui celebrati non hanno consentito di fare luce sulla dinamica del drammatico evento e di individuarne i responsabili... Occorre il contributo di tutte le istituzioni a un ulteriore sforzo per pervenire a una ricostruzione esauriente e veritiera di quanto accaduto, che rimuova le ambiguità e dipani le ombre e i dubbi accumulati in questi anni. Nel sempre doloroso ricordo delle 81 vittime, esprimo a lei e ai famigliari dei caduti la partecipe vicinanza mia e della intera Nazione».[132] Anche in occasione del trentunesimo anniversario della strage, il 27 giugno 2011, il presidente Napolitano ha lanciato un appello perché si compia ogni sforzo, anche internazionale, per dare risposte risolutive.[133] ConclusioniA conclusione una sintesi dell’enorme numero di perizie d’ufficio e consulenze di parte, oltre un centinaio al termine del 31 dicembre 1997:
RisarcimentiRisarcimento danni all'Itavia e ai suoi dipendentiAldo Davanzali perse la compagnia aerea Itavia, che fu fatta chiudere da Rino Formica nel 1980, sulla base di una conclusione peritale errata e circa un migliaio di dipendenti dell'Itavia persero il posto di lavoro[134]. Risarcimento recupero carcassa del DC-9La Corte dei Conti richiese un risarcimento di 27 miliardi di lire a militari e personaggi coinvolti, come compenso per il recupero della carcassa del DC9[135]. I Ministeri della Difesa e dei Trasporti condannati nella Causa Civile
Il 10 settembre 2011, dopo tre anni di dibattimento, una sentenza emessa dal Tribunale di Palermo, presieduto dal giudice Paola Proto Pisani, ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti al pagamento di oltre 100 milioni di euro in favore di ottanta familiari delle vittime della Strage di Ustica. Alla luce delle informazioni raccolte durante il processo, i due ministeri sono stati condannati per non aver fatto abbastanza per prevenire il disastro (il tribunale ha stabilito che il cielo di Ustica non era controllato a sufficienza dai radar italiani, militari e civili, talché non fu garantita la sicurezza del volo e dei suoi occupanti) e fu ostacolato l’accertamento dei fatti[136]. Infatti, secondo le conclusioni del Tribunale di Palermo, nessuna bomba esplose a bordo del DC-9, bensì l'aereo civile fu abbattuto durante una vera e propria azione di guerra che si svolse nei cieli italiani senza che nessuno degli enti controllori preposti intervenisse. Inoltre, secondo la sentenza, vi sono responsabilità e complicità di soggetti dell'Aeronautica Militare Italiana che impedirono l'accertamento dei fatti attraverso una innumerevole serie di atti illegali commessi successivamente al disastro. La condanna della Cassazione e il risarcimento delle vittimeIl 28 gennaio 2013, la corte di Cassazione in sede civile sentenziò che la strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al velivolo dell'Itavia, specificando che lo Stato italiano deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli.[137] Elenco delle vittimeI membri dell'equipaggio sono indicati con asterisco Museo per la Memoria di UsticaIl 27 giugno 2007 viene aperto a Bologna il Museo per la Memoria di Ustica. Il museo, che si trova in via di Saliceto 5 presso gli ex magazzini dell'ATC, contiene l'aereo così come era stato ricostruito durante le indagini. Christian Boltanski ha prodotto una installazione su misura composta da:
Dietro ciascuno specchio vi è un altoparlante che diffonde un semplice pensiero/preoccupazione. Sono presenti alcune casse di legno rivestite di plastica nera contenenti tutti gli oggetti ritrovati nei pressi dell'aereo. Un piccolo libro con le foto degli oggetti viene consegnato ai visitatori. Si distribuisce anche un depliant che riassume i fatti sulla strage di Ustica[138]. Note
FilmografiaDi seguito sono riportati, in ordine cronologico decrescente, i film e le trasmissioni televisive dedicate alla strage di Ustica.
BibliografiaLa folta bibliografia sulla strage di Ustica è riportata di seguito in ordine cronologico decrescente.
Collegamenti esterni
Articoli giornalistici
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ultimo aggiornamento Martedì 29 Gennaio 2013 15:53 |
Supplemento Enciclopedico del MONITORE NAPOLETANO
Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011