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La tregua di Natale del 1914


La tradizione del Natale
tra leggenda e storia

 

 

Scritto da Giancarlo Nobile  
Venerdì 22 Aprile 2011 23:48

La storia delle emergenze dei rifiuti a Napoli è una storia secolare; essa è  intrecciata in una palingenesi che si specchia appieno con la struttura umana e storica di questa città.  La questione ha sommato negligenza dei governanti, interessi delle classi dominanti, incapacità della popolazione di vivere l'esterno come parte della propria esistenza: dunque i rifiuti dovevano uscire solo dal loro recinto familistico, quello che è fuori è da occupare o sfruttare per il bene del gruppo.

Dunque quando ragioniamo sul rapporto dei napoletani con i rifiuti dobbiamo sempre ricordare  che è una storia che si snoda ininterrotta  da secoli, le direttive dei vari governi che si sono succeduti  hanno sempre cercato di disciplinare il rapporto tra i napoletani e la produzione dei rifiuti con leggi, pragmatiche, decreti ma la storia tormentata si è sempre sviluppata nelle epoche con gravi crisi ingovernabili se non con palliativi o soluzioni tampone come avvenne nella metà degli anni del secolo scorso, quando il sindaco di Napoli Achille Lauro trovò il semplice sistema di riempire il Cratere dei Pisani nei Campi Flegrei senza nessuna preoccupazione di rendere impermeabile l'area e di controllare quali rifiuti vi fossero immessi creando così una bomba ecologica a tempo.

L'ultima crisi dei rifiuti a Napoli che dura da ben quattordici anni è esplosa in manifestazioni parossistiche stando all'aumento della produzione di rifiuti per il consumismo sfrenato, ed un palese scontro tra due concezioni antitetiche della struttura umana una quella della Comunità che è quella che restringe tutto al gruppo,  tende alla semplificazione e quella della Società che accetta l'interazione complessa ed accoglie la complessità fenomenica della modernità.

Primo esempio di scontro, prodotto proprio di una mentalità chiusa nella Comunità, è stato la semplice raccolta dell'immondizia e metterla in un posto qualsiasi, come la scelta  di Achille Lauro, tutto è semplice, ma tutto e schiacciato nel tempo in cui si vive, senza prospettive future, soluzione simile è quella degli inceneritori, tutto viene bruciato e finisce la storia.

Ma vi è anche la soluzione complessa, di una Società che accetta la sfida del futuro. Della realtà territoriale e dell'interazione col mondo che si sintetizza con lo slogan degli ambientalisti "pensa globalmente agisci localmente" cioè nell'iterazione del locale con il globale che oggi viene definito con nome di Glocale, ed ecco la scelta di reinserire la maggior parte dei rifiuti nei cicli fisico chimici della natura con la differenziazione dell'immondizia e solo una minima parte, che non è gestibile, viene bruciata o seppellita.

Prima di analizzare la questione occorre osservare l'area ove l'emergenza rifiuti è esplosa negli ultimi anni e  arrivati a questo punto dobbiamo scrivere di Grande Napoli, un semicerchio che ha come fuoco il centro di Napoli ed un raggio di 30 chilometri cioè la distanza con Castellammare di Stabia, ove la camorra stiva l'immondizia in vecchie navi e le fa affondare a largo, area che comprende anche buona parte del casertano con il paese di Casal di Principe reso famoso dal libro di Roberto Saviano Gomorra  che denuncia la camorra di quei luoghi e la sua attività dell'ecomafia che interra nell'agro i rifiuti tossici.

Questa è una area omogenea, densamente popolata, la maggioranza della popolazione della Campania vive in quest'area, qui vi sono situazioni sociali, economiche ed ambientali simili.

Questa area è la stessa in cui si è affermato quel modello umano che chiamiamo camorra che è si un fenomeno violento nelle sue espressioni massime ma è fondamentalmente un fenomeno sociale, prodotto da una mentalità tribale  chiusura cioè nella famiglia o nell'aggregato di familiare.

Così abbiamo il sovrapporsi di due aree quella dell'emergenza dei rifiuti e quella della  mentalità camorristica abbiamo così la plastica immagine della realtà in cui interessi politici ed economici s'incontrano con una interpretazione culturale che non permette la formazione di una Società come nel resto d'Europa.

La mentalità  è una sorta di griglia attraverso cui noi leggiamo la realtà per poterla comprendere e poterci rapportare ad essa, assumendo determinati comportamenti. Questa griglia è costituita da tutte le credenze, le idee, gli atteggiamenti e le aspettative nei confronti di noi stessi, del mondo esterno e dei propri rapporti con esso. Nei fattori determinanti la mentalità bisogna considerare anche quegli elementi di cui l'individuo non ha piena coscienza, ma che possono essere inseriti da altri di cui si una manifestazione diretta.

La camorra emanato come codice di difesa del popolino napoletano (1656 la peste scoppiò a Napoli spazzando via la nascente borghesia napoletana prevalentemente di importazione Genovesi, Pisani, Veneziani, il popolo abbandonato dal governo dei Vicerè Spagnoli iniziò a chiudersi in se stessi ed autogovernarsi tramite i Juappi (Juappi = guappi = capofamiglia in spagnolo) che vestivano la gamoras giacchetta come quella dei toreri) ha mutuato la sua mentalità nei codici di famiglia tipici dei gruppi  e dalla famiglia ha strutturato una mentalità dogmatica.

Nell'area ove la mentalità camorristica ha il sopravvento il singolo come persona soggettivata sparisce vi è solo la famiglia per tale motivo quanto si gira per queste zone non si ha la domanda chi sei? oppure come si chiama? ma più esplicitamente lei a chi appartiene? cioè a quale famiglia fa parte?

Per tale motivo possiamo dire che nell'area della Grande Napoli vi è una grande aggregazione di famiglie che formano "Comunità" ma non "Società". Ed oggi Modernismo e non Modernità

L'essenza della Comunità risiede nel suo carattere olistico: essa è un tutto umano in cui membri vivono per e grazie ad esso, essa associa in proporzioni variabili proprietà collettiva e proprietà privata e sottopone ai sui membri a discipline collettive in una sorta di costante tensione al mantenimento della coesione e alla perpetuazione della sua esistenza.

Le Società, invece, sono sistemi discreti, passibili di essere ordinati in una prospettiva che tenga conto della crescente complessità che va fino allo Stato moderno a quella che Popper definisce Società Aperta.

Il Modernismo è il mantenere tutte le strutture proprie di una Comunità ma accettando la fruizione di tutti i modelli del consumismo di massa, di tutta l'apparenza propria di una invasiva costruzione mediatica.

La Modernità è invece la capacità di analizzare, soppesare, l'interrelazione con l'esterno con una coscienza di appartenenza ad una struttura complessa e che si svolge nel tempo e nello spazio, oggi possiamo chiamarla come Bauman Società Liquidata in quanto ciò che è moderno si pone su un piano che va oltre l'orizzonte cittadino o nazionale ma si apre a prospettive Globali.

Bauman nei suoi libri sostiene che l'incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. In particolare, lega tra di loro concetti quali il consumismo alla creazione di rifiuti "umani", la globalizzazione all'industria della "paura", lo smantellamento delle sicurezze ad una vita 'liquida' sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del 'gruppo' per non sentirsi esclusa, e così via. L'esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull'estraneità al sistema produttivo o sul "non poter comprare l'essenziale", ma del "non poter comprare per sentirsi parte della modernità".

Questo scontro tra concezioni diversissime sono alla base della crisi dell'area,di cui la questione dei rifiuti è la più appariscente, crisi che per ora vede vincente la componente che si rifà alla Comunità, ma essa ha corto respiro e tende a scontrasi con la globalizzazione economica e sociale con l'avvento di una migrazione irrefrenabile.

I Paradigmi sociali ed economici stanno mutando velocemente e la chiusura che oggi assistiamo non potrà durate molto e produrrà, se non gestita e portata opportunamente all'apertura, a nuove crisi.
Che fare? Occorre una rivoluzione culturale, occorre una azione pedagogica per modificare la mentalità di quest'area il motto/programma ce lo da una grande napoletana Eleonora Pimentel Fonseca "Educare il popolo" cioè portare con azioni mirate la popolazione ad essere cittadini e non popolo. E' questa la premessa affinché le crisi endemiche dell'area possono rimesse nell'alveo della normale vita di una città

 

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