Come molti avranno osservato, per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ho messo anch’io il tricolore sul Monitore, ma come effetto di ciò che avvenne appunto 62 anni prima dell’Unità Nazionale.
Probabilmente, però, può sfuggire il motivo.
Come tutti ben sappiamo il 14 luglio1789, anno in cui lo storico Belga Henry Pirenne colloca l’inizio della storia contemporanea, accadde qualcosa di particolarmente “scandaloso” la cui memoria si è perpetrata, in fin dei conti, fino ai giorni nostri: un popolo decide che non è più suddito di un sovrano (l’etat c’est moi di Luigi XIV) , ma si unisce e diventa esso stesso Stato Sovrano, e conseguentemente decide per se stesso.
L’eco di questa rivoluzione, forse seconda sola a quella che nel 509 a.C. il Popolo di Roma, con l’ultimo sovrano Tarquinio il Superbo, pose fine ai circa 255 anni di Regno e diede inizio a quello che, a tutt’ogg,i è la più lunga Repubblica nella storia dell’Umanità.
Un giro alla lunga per sottolineare che il principio stesso di autodeterminazione è nel nostro DNA più di quanto a volte non sembri.
A maggior ragione, riprendendo le parole del Presidente Napolitano, il desiderio e la necessità di una Italia non più espressione geografica metternicchiana, ma vera e reale entità sociale e politica (salto il culturale, perché con tutte le nostre diversità, dal Comune di Trepalle a Lampedusa abbiamo una sola antichissima identità culturale) era nel nostro destino e nella nostra volontà.Basti pensare alle Repubbliche, figlie della Repubblica Madre Francese, tra il 1797 ed il 1802: Repubblica di Alba, Repubblica Anconitana, Repubblica Bergamasca, Repubblica Bolognese, Repubblica Bresciana, Repubblica Cremasca, Repubblica Astese, Repubblica Piemontese, Repubblica Reggiana, Repubblica di Pescara, Repubblica Tiberina e Repubblica Ligure. A seguito delle unificazioni e delle guerre sempre nel 1797 si formarono poi la Repubblica Cispadana e la Repubblica Transpadana che nel giugno dello stesso anno si unirono nella Repubblica Cisalpina che comprendeva la Lombardia e l'Emilia e aveva come capitale Milano (nacque proprio in questo ambito la bandiera tricolore italiana).
Nel 1798 ci fu la Repubblica Romana (e dal punto di vista editoriale non posso non ricordare la nostra testata gemelle Il Monitore di Roma) e poi, come tutti ben sappiamo l’inizio del nostro "folle" sogno Repubblicano.
Poi l’età Napoleonica fece il resto con l’instaurazione della Repubblica Italiana del 1802-1805 (il cui stendardo è usato dal Presidente della Repubblica con al centro lo stemma Repubblicano) e soprattutto con il quasi decennio Murattiano a Napoli.
E forse proprio il decennio Murattiano fu quello che mise le basi pubbliche e sociali (non dimentichiamo che a lui si deve la genesi della Facoltà di Ingegneria della Federico II) per il prospero regno Borbonico della Restaurazione (che dopo il Congresso di Vienna diviene Regno delle due Sicilie).
Sempre sulla volontà popolare di avere uno stato unico ed indipendente, vanno considerate anche altri due fatti, a mio avviso, fondamentali.
In primo luogo mentre nel resto d’Europa l’assolutismo monarchico erede del feudalesimo post caduta dell’Impero Romano viveva il suo momento d’oro, e nella metternicchiana Italia si viveva lo splendore dell’Età Comunale, sempre il Sud, manifestava le sue mire libertarie.
Noi tutti guardiamo al 1799 come il momento topico della Liberazione da parte dei Borboni, ma spesso dimentichiamo che Tommaso Aniello d’Amalfi, conosciuto come Masaniello, nel 1647 riuscì a fondare l’effimera Reale Repubblica Napoletana (da sottolineare la dualità monarchica e repubblicana).
In secondo luogo, va fatta una osservazione che può sembrare semplicistica, ma che alla fine da anche la misura della volontà popolare di una Italia Unita.
Se l’”idillico” Regno delle due Sicilie “vantava” un analfabetismo pari a circa il 90% della popolazione, come è stato possibile che il Sud non abbia difeso l’Istituzione che tanto lustro e splendore gli aveva dato?
Fare una osservazione storica sul mutamento della percezione delle istituzioni da parte del popolo del Sud in particolare, è per me troppo complesso. Ma il caro vecchio buon senso mi suggerisce il seguente pensiero: i moti rivoluzionari della Francia del 1789 (a sua volta figlia dei moti Americani del 1776) e le successive instaurazioni delle Repubbliche figlie di quella Francese si erano sedimentate nell’animo degli Italiani preunitari.
Parlando nello specifico di Napoli, poi, anche l’esperienza della Repubblica Monarchica del 1647 (non dimentichiamo che Napoli ebbe la sua “Repubblica” due anni prima di quella Inglese guidata da Cromwell) ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nella percezione diffusa che il destino dell’Italia era quello di essere unito.
Poi possiamo fare tutte le dietrologie di una percezione di sfiducia in questa Italia e dei suoi governanti. Ma allo stesso modo dobbiamo porci la domanda di che cosa sarebbe stato di una Italia frazionata in otto Stati, e soprattutto se questa Italia “cantonale” avrebbe avuto lo stesso impetuoso impulso sociale, civile ed economico, che ha avuto con l’Unità.