Pubblico di mezza età per Elton John all'Anfiteatro di Pompei, questa sera.
Nell'arena dei gladiatori il flusso d'ingresso è composto e i posti, tutti già numerati, si stanno riempiendo senza affanno.
Nessuna corsa per conquistare i primi posti, quindi: chi ha pagato 500 o 600 euro sa di dover accedere alle prime file.
E i 5 americani statunitensi che hanno pagato 1.200 euro a testa per questo mitico concerto, si sono riservati il tour completo del camerino e il backstage dell'artista.
Anche la security sta lavorando con tranquillità: ispezionate tutte le borse delle donne, i borselli e gli zainetti degli uomini, per portare via i tappi delle bottiglie d'acqua
Il soprintendente Massimo Osanna è tornato da Shangai e stavolta può godersi il gioiello Anfiteatro.
Anche se produzione e light show sono più spartani che per Gilmour.
L'afflusso si fa più consistente, è tornato anche Adrian Maben, il regista di "Live At Pompeii", ormai di casa qui.
E, come da tradizione, il primo pezzo è «The bitch is back» con assolo di piano honky tonky.
Poi "Bennie and the Jets".
«Buonasera», in italiano, poi sir Reginald Dwight torna alla sua lingua, quella della Brexit: «È un onore suonare in una cornice così emozionante e storica. Spero vi piaccia quello che suoneremo».
E anche con meno luci e senza fuochi artificiali l'Anfiteatro è bellissimo.
A nostro parere uno spettacolo sommesso, che ha sofferto il fatto di essere stato annunciato si per primo, ma è arrivato secondo dopo quello dell'ex Pink Floyd che dopo 45 anni tornava a suonare a Pompei dopo il mitico Pink Floyd Live at Pompei del 1971, questa volta con pubblico pagante e selezionatissimo (fosse solo il costo del biglietto).
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