Per l’Ilva di Taranto il tormento è senza fine, come per i suoi operai il cui tormento esistenziale per il loro futuro inizia oggi con la chiusura della produzione a freddo.
I fatti
La vicenda è iniziata questa estate (il 26 luglio) quando la magistratura ordina il sequestro dell’intera area a caldo dello stabilimento siderurgico.
La motivazione è il disastro ambientale.
Per tutta l’estate e in questi giorni d’autunno i manager dell’industria, governo, sindacati e magistratura, proseguono un braccio di ferro per cercare di non fermare gli impianti e di dare inizio ad un’opera di risanamento e bonifica dell’area tarantina.
Il 26 novembre mattina sono scattate le manette per l’Amministratore Delegato Fabio Riva, che attualmente risulta irreperibile, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento l'ex consulente Girolamo Archina, «licenziato» tre mesi fa dall'azienda dopo che, dall'inchiesta per disastro ambientale, era emerso un episodio di presunta corruzione che coinvolgeva l'ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenente la somma di 10mila euro in cambio di una perizia addomesticata sull'inquinamento dell'Ilva; Ai domiciliari Lorenzo Liberti, l'ex assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva, dimessosi circa due mesi fa dall'incarico quando si seppe che poteva figurare tra gli indagati della inchiesta sull'Ilva collaterale a quella per disastro ambientale, l'ingegnere Carmelo Delli Santi, rappresentante della Promed Engineering. Conserva e Delli Santi sono entrambi accusati di concussione.
Accanto l’indagine per disastro ambientale, la magistratura ha avviato un’altra indagine parallela che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell'area a caldo del siderurgico. Questa inchiesta parallela è stata denominata Environment Sold Out (Ambiente svenduto).
Certo è che la preoccupazione sta montando anche nello stabilimento di Genova dove 1760 persone vedono il loro posto di lavoro vacillare.
La FIOM ha chiesto al Governo «Dopo i fatti di oggi all'Ilva di Taranto - afferma il segretario generale, Maurizio Landini - riteniamo ancora più urgente che il presidente del Consiglio Monti convochi immediatamente un incontro a Palazzo Chigi, come già richiesto unitariamente il 20 novembre scorso dalle organizzazioni sindacali. A questo punto, è il governo che deve assumersi la responsabilità la salvaguardia della salute e dell'occupazione, non solo a Taranto, ma in tutto il gruppo».
In ultimo una nota della società del 26 novembre afferma «comporterà in modo immediato e ineluttabile l'impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonchè la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto». Poi ribadisce l'assoluta regolarità delle autorizzazioni e dell'impatto produzione-ambiente. «Per chiunque fosse interessato - conclude la nota - l'Ilva mette a disposizione sul proprio sito le consulenze, redatte da i maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale e internazionale, le quali attestano la piena conformità delle emissioni dello stabilimento di Taranto ai limiti e alle prescrizioni di legge».